PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #8. FAVOLE PER INTERROGARSI

In ogni processo creativo, sia esso letterario o politico, il personaggio condiziona il modo di vedere la realtà. A suggerirlo è Manuel Vázquez Montalbán allorché, durante l’intervista a Marcos cui già ci siamo riferiti (Marcos: il signore degli specchi,trad. di Hado Lyria, Milano, Frassinelli, 2001), introduce la riflessione sulle modalità di comunicazione adottate dal Subcomandante. Parlando dei propri racconti, spesso inseriti direttamente nei comunicati dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, Marcos ammette che il linguaggio diventa un’ossessione, in particolare se ti trovi a trasmettere messaggi espliciti, funzionali e cerchi di rendere tale messaggio il più completo possibile (p. 146). L’utilizzo delle favole (si vedano, ad esempio, quelle raccolte in Subcomandante Marcos, Don Durito della Lacandona, a cura di G. Donfrancesco, Bergamo, Moretti & Vitali, 1998) è un’eredità della forma usata dagli zapatisti per comunicare e per capirsi.

Ma soprattutto lo scopo dei racconti, l’intenzione politica insita in essi, più che dire le cose stanno così, è spingere alla riflessione: è così che stanno le cose? Più che risposte, vuole domande. (Ibidem)

Alla loro disposizione letteraria aperta si somma una carica politica che dice qualcosa, che prende posizione in termini politici, che, a un certo punto, spiega alla gente perché l’EZLN ha agito nel modo in cui ha agito. Il dispositivo fiabesco, però, consente di andare ancora oltre, perché permette di interrogarsi riguardo alla propria identità e di predisporsi all’etica del dialogo e della ricerca: guardarsi dentro (come di fronte a uno specchio, simbolo molto presente nell’immaginario di Marcos) ma anche saltare in alto, convinti del fatto che ogni scelta assoluta, decisiva, sia una trappola. Le storie raccontate dal Sup rappresentano questo assioma spesso paventando una terza soluzione rispetto a una situazione che sembra prefigurarne soltanto due, come nel breve esempio che si riporta qui di seguito:

C’erano una volta una persona viva e una persona morta. Dunque la persona morta disse alla persona viva:

Ah, che invidia, tu sei così inquieta!

Allora la persona viva disse alla persona morta:

Ah, che invidia, tu sei così tranquilla!

Erano in tali faccende affaccendati, cioè se ne stavano a inviadiarsi, quando passò al galoppo un cavallo beige.

(Subcomandante Marcos, Don Durito della Lacandona cit., p. 130)

La trappola delle scelte decisive è uno dei meccanismi maggiormente tipici della logica neoliberista, pura merda teorica, spiega a un certo punto Durito, lo scarabeo che, rifacendosi esplicitamente al modello donchisciottesco, decide di porsi al comando dell’impari lotta per la liberazione e per un mondo nuovo. E il neoliberismo, crisi stessa fatta teoria e dottrina economica, è il bersaglio principale degli strali di chi, come Marcos, è invece incline all’etica della chiocciola, della ricerca che, magari, non perviene mai a una risposta, ma continua imperterrita a investigare sul proprio essere al mondo, come di fronte a uno specchio. Allo stesso modo, per il tramite dei suoi racconti, il subcomandante, attraverso il paradosso, l’ironia, la poesia della favola, scardina quella sacralità dogmatica tipica delle rivendicazioni politiche, raggiungendo anche un uditorio non strettamente militante e cercando di arrivare persino oltre la base sociale e le classi sfruttate.

La Redazione di Malanova


LE PUNTATE PRECEDENTI…

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #1 (1993)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #2 (1994/1)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #3 (1994/2)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #4. IL SOGGETTO DI CAMBIAMENTO

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #5 (1994/3)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #6 (1994/4)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #7. LA POETICA RIVOLUZIONARIA

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