PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #9 (1994/5)

Il 21 febbraio 1994 è previsto l’inizio del dialogo con il Commissario per la Pace. L’EZLN esordisce con un testo ironico di Marcos (non dimentichiamoci che si era in guerra e c’erano molti rischi soprattutto per comandanti e soldati).

Mentre il CCRI-CG dell’EZLN decide se mandarmi o meno al dialogo, io sono molto preoccupato perché non so che vestiti indossare (se vado). Rivedo con scetticismo il gigantesco guardaroba che porto nello zaino e mi chiedo angosciato se la moda del momento è ancora invernale o devo indossare qualcosa di più civettuolo per la primavera. Alla fine decido su una camicia marrone (l’unica), pantaloni neri (gli unici), un’allegra bandana rossa (l’unica), un paio di stivali sporchi (gli unici), e il discreto passamontagna nero (l’unico). Comunque sia, vado o non vado, il CCRI-CG mi ha ordinato di tacere per iscritto, quindi la mia potente macchina per “fare annunci” (una penna) la metto via quando finisco quest’ultimo.

Come da accordi, con una lettera del 16 febbraio gli zapatisti annunciano il rilascio del generale Absalón Castellanos Domínguez e la nomina dei delegati che rappresenteranno l’EZLN al tavolo di dialogo con il commissario nazionale per la mediazione, il vescovo Samuel Ruiz García, e il commissario per la pace e Riconciliazione in Chiapas, Sig. Manuel Camacho Solís.

La lettera, bella e potente, esprime la volontà di arrivare all’incontro nella massima trasparenza e mantenendo tutti gli impegni presi:

La bocca dei nostri fucili tacerà affinché la nostra verità parli con le parole per tutti, coloro che combattono con onore, parlano con onore, non ci sarà menzogna nel cuore di noi veri uomini.[…] Non andremo a chiedere perdono o a mendicare, non andremo a chiedere l’elemosina né a raccogliere gli avanzi che cadono dalle tavole piene dei potenti. Chiederemo ciò che è giusto e ragionevole per tutte le persone: libertà, giustizia, democrazia, para todos todo, nada para nosotros. Per gli indigeni tutti, per i contadini tutti, per i lavoratori tutti, per gli insegnanti e gli studenti tutti, per i bambini tutti, per gli anziani tutti, per le donne tutti, per gli uomini tutti, per tutti tutto: libertà, giustizia, democrazia.

Per noi, i più piccoli di queste terre, i senza volto e senza storia, gli armati di verità e di fuoco, quelli che vengono dalla notte e dalle montagne, i veri uomini e donne, i morti di ieri, oggi e per sempre … para nosotros nada. Para todos todo. Se la menzogna ritorna alla bocca dei potenti, la nostra voce focosa parlerà di nuovo, per tutti noi.

La rivolta indigena è avvenuta perché nessuno ascoltava il grido dei popoli indigeni. Semplicemente la loro vita non valeva, i loro diritti non esistevano. Per questo motivo – per disperazione e non per ideologia – si sono armati e sono scesi dalla montagna in città; per questo motivo da invisibili si sono incappucciati per diventare visibili.

Veniamo a chiedere alla patria, alla nostra patria, perché ci ha lasciato lì tanti e tanti anni? Perché ci ha lasciati lì con così tanti morti? E vogliamo chiedergli di nuovo, attraverso te, perché è necessario uccidere e morire in modo che tu, e attraverso te, il mondo intero, ascolti Ramona – che è qui – dire cose terribili come il fatto che le donne indigene vogliono vivere, vogliono studiare, vogliono ospedali, vogliono medicine, vogliono scuole, vogliono cibo, vogliono rispetto, vogliono giustizia, vogliono dignità? Perché è necessario uccidere e morire affinché Ramona possa venire e tu possa prestare attenzione a ciò che dice? Perché è necessario che Laura, Ana María, Irma, Elisa, Silvia e tante donne indigene abbiano dovuto prendere una pistola, diventare soldati, invece di diventare dottori, laureati, ingegneri, insegnanti? Perché è necessario che coloro che sono morti muoiano? Perché è necessario uccidere e morire? Cosa succede in questo paese? E parliamo a tutti: governanti e governati, cosa succede in questo Paese che è necessario uccidere e morire per dire poche piccole e vere parole senza perdersi nell’oblio?

In questo quadro e con questi sentimenti chiari, parte il tavolo della trattativa. L’EZLN avanza le sue proposte e il Governo, dopo aver ascoltato, producendo immediatamente un documento di risposta. Il 23 febbraio esce una prima considerazione dell’EZLN:

Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno ha analizzato parte del documento di risposta del commissario, e dico parte perché lei ricorda che il nostro Comitato è multietnico, cioè dobbiamo tradurre nei diversi dialetti che lo compongono.

Alcune richieste sono state immediatamente discusse mentre altre per il loro carattere nazionale e non regionale sono rinviate in altra sede:

Possiamo dire, sebbene ci siano ancora problemi, che le nostre richieste hanno finora ricevuto risposte soddisfacenti sui seguenti punti: per quanto riguarda le esigenze di salute, istruzione, informazioni accurate e tempestive, alloggio, rispetto per la cultura, la tradizione, i diritti e la dignità delle popolazioni indigene in Messico. Gli altri punti del nostro documento di richiesta sono ancora in fase di studio e in traduzione per i compagni della commissione. Ma in questo abbiamo già raggiunto accordi fondamentali con l’assessore.

Una presa di posizione definitiva sul documento governativo sarà il frutto del lungo ma efficace sistema democratico interno delle comunità zapatiste; acquisiti i loro pareri, i rappresentanti potranno ufficializzare una posizione ufficiale dell’EZLN al tavolo di dialogo governativo:

Vogliamo dirti che ci saranno due processi: inizialmente raggiungeremo una serie di accordi, ma non possono essere definitivi. Là il tavolo di dialogo sarà sospeso, i compagni andranno nelle loro comunità, si consulteranno con le città e le regioni e torneranno di nuovo, se è possibile o dove ci si dice, se è qui a San Cristóbal o altrove, ora con la risposta dell’intero esercito zapatista di liberazione nazionale. […] I compagni delegati sono nominati da quattro gruppi di comitati rivoluzionari indigeni clandestini, che controllano principalmente quattro gruppi etnici. Sono loro che comandano e a loro volta devono chiedere alle diverse regioni; le regioni devono chiedere ai villaggi; nei villaggi uomini, donne e bambini si incontrano e decidono, in base alle informazioni di cui dispongono, da che parte andare.

Poi viene il percorso inverso: gli abitanti del villaggio dicono ai loro responsabili della comunità di andare alla riunione regionale; dicono a coloro che si incontrano a livello regionale; quello regionale dice al Comitato Clandestino di quel gruppo etnico e quello dice al suo delegato qual è la risposta. È un processo un po’ complicato ma logico per noi, logico per l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ed è quello che ci rende comunque invincibili.

Un sistema democratico dunque, che può apparire lungo e macchinoso ma capace di garantire scelte ampiamente condivise – anche di carattere strategico – attraverso un meccanismo assembleare che si articola su più livelli, dal basso verso l’alto e viceversa, caratterizzato da un mandato vincolante e revocabile in qualsiasi  momento.

La Redazione di Malanova


LE PUNTATE PRECEDENTI…

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #1 (1993)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #2 (1994/1)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #3 (1994/2)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #4. IL SOGGETTO DI CAMBIAMENTO

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #5 (1994/3)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #6 (1994/4)

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #7. LA POETICA RIVOLUZIONARIA

PER UNA STORIA DELLA RIVOLUZIONE ZAPATISTA #8. FAVOLE PER INTERROGARSI

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