Che la pandemia fosse un’opportunità straordinaria in termini di profitti per le economie di piattaforma l’abbiamo più volte ribadito in diversi nostri interventi redazionali. L’onda lunga del lockdown ha spinto i ricavi e i profitti dei colossi della tecnologia targati Usa, oltre ogni più rosea aspettativa.[1]

La mole enorme di dati che noi utenti produciamo utilizzando app e piattaforme sono in realtà la contropartita alla gratuità. Immagini condivise, parole chiave sui motori di ricerca, gusti e tendenze commerciali, ecc. sono tutti elementi codificati in miliardi di bit che diventano merce da scambiare sul mercato, sia esso digitale o meno, sotto forma di servizi alle imprese, come ad esempio indagini di mercato per orientare o riconfigurare l’offerta in funzione di variazioni sostanziali delle “esigenze” dei consumatori.

Nessun aspetto della nostra vita quotidiana viene escluso da questo processo di messa a valore del lavoro gratuito degli utenti, facendo si che questa pandemia, da elemento di crisi per molti settori, si è trasformano in opportunità di crescita per altri. È indubbio, ad esempio, che il settore turistico si sia trovato difronte a una crisi che nel 2020 ha prodotto una perdita di 53 miliardi di euro, tanto da indurre il ministro Franceschini ad assegnare 3 miliardi a cultura e turismo con il Recovery fund, stanziamento tra l’altro ritenuto insufficiente dalle associazioni del comparto, le quali hanno però “dimenticato” i 4 miliardi già ricevuti con il cosiddetto Decreto Rilancio.

È proprio in questo settore che Google ha fiutato la possibilità di un nuovo e lucroso affare. Come? Mettendo a disposizione degli albergatori una piattaforma gratuita, Hotel Insights, tramite la quale intercettare i trend e le evoluzioni della potenziale domanda. I dati aggregati sulle preferenze di miliardi di utenti internet verranno “valorizzati” per fornire un nuovo servizio. La piattaforma è stata presentata in anteprima il 25 gennaio alla presenza del Mibact, di Enit, della Unwto e delle associazioni industriali di categoria (Federalberghi e Federturismo, Confindustria Alberghi); l’Italia, inoltre, sarà il paese scelto per il debutto di Hotel Insights.[2]

Un patrimonio enorme di dati personali e sensibili che l’utente medio fornisce gratuitamente ai big-tech ogni qualvolta interagisce con la rete interfacciandosi con motori di ricerca e applicazioni di vario genere.

I gestori di alberghi e tutti gli operatori del settore turistico avranno così a disposizione un prezioso aiutante che in tempo reale fornirà informazioni preziose sulle ricerche effettuate dai potenziali visitatori nel nostro Paese. Un modo “smart” per analizzare l’evoluzione della domanda di turismo e garantire un’adeguata offerta. D’altronde è lo stesso sottosegretario Bonaccorsi ad affermare che gli strumenti digitali offerti da Google servono a consolidare le smart destination, luoghi di attrazione nei quali tecnologia e territorialità si fondono per garantire un uso responsabile delle risorse.[3]

Google chiaramente non si limita a fornire il servizio ma ha necessità di costruire una nuova cultura del turismo digitale e lo fa attraverso i Google digital training, corsi online direttamente fruibili dai siti web di Confindustria e Federalberghi per tutti i loro associati. Una vera e propria “economia circolare dei dati” dove i nuovi fruitori delle informazioni prodotte dagli utenti sono a loro volta generatori di altri dati preziosi necessari a garantire nuovi profili da “valorizzare” sul mercato digitale.

Questa tendenza appare inarrestabile: dalla fabbrica alla scuola, dai magazzini della logistica al tempo libero e alla salute, il capitalismo digitale è affamato di dati, non può farne a meno. E i nostri corpi sono allo stesso tempo il campo e il motore delle loro generazione. Ogni atto mediante cui attiviamo o sollecitiamo i più diversi dispositivi digitali, riconvertito in una “serie di dati e metadati”, viene proiettato in tempo reale negli sperduti i-cloud cimiteriali dove la loro morta natura verrà prontamente ricomposta in macabri profili. Un passaggio cruciale e delicato perché se i dati registrano gli atti compiuti, i profili predicono quelli che, stando a calcoli di probabilità, potrebbero seguire. Gli uni hanno un carattere retrospettivo e gli altri previsionale e predittivo. Schiacciati in questa morsa, i nostri corpi storici, la cui vitalità si nutre in ogni istante dalla linfa prodotta dai legami sociali, stentano nel buio digitale, a immaginare momenti e spazi discontinui e qualità aurorali in cui far nascere pratiche sfuggenti. La difficoltà è sotto i nostri occhi come il malessere che l’accompagna, ma proprio in questo difficile frangente i tentativi seppur rischiosi di disidentificazione dai profili entro cui interessati algoritmi al servizio di poche oligarchie digitali vorrebbero schiacciarci, diventano importanti. È solo da essi infatti che potranno scaturire le sorgenti sperimentali di nuovi immaginari istituenti. Certo, queste disidentificazioni comportano dei rischi. La cattura dei dati e la produzione di profili, infatti, si riverberano sui corpi operando inclusioni ed esclusioni e l’ombra di queste ultime, come ci ha raccontato l’Automa, scatena nella carne brividi di paura. D’altra parte, nel grande internamento in cui il modo di produzione attuale ci sta ambiguamente sprofondando l’adattamento passivo è senza dubbio un rischio anche più grande. Anzi, per dirlo chiaro, il rischio definitivo. [4]

L’impatto trasformativo delle nuove tecnologie di piattaforma su settori chiave della vita collettiva come scuola, sanità, commercio, logistica, ecc., ci indica alcune linee di tendenze del capitale che con estrema velocità stanno attraversando il nostro agire quotidiano. Sono però linee liberticide camuffate all’interno di facilitazioni e servizi gratuiti, che estraggono valore dai dati che quotidianamente cediamo al capitale digitale fornendo un monte ore di lavoro gratuito mai visto nella storia dell’umanità.

Porre, allora, la tendenza, riuscendo a descriverla e a definirne le contraddizioni diventa un cammino urgente e necessario per conquistare un orizzonte teorico complessivo e una prassi adeguata alla fase digitale del capitalismo.

La redazione di Malanova


Note

  1. Pandemia: profitti record per i big tech, Malanova, 2020; l’articolo è consultabile al seguente url: https://www.malanova.info/2020/11/09/pandemia-profitti-record-per-i-big-tech/
  2. Turismo, Google lancia dall’Italia il piano Hotel Insights, Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2021
  3. Ibidem
  4. R. Curcio, L’egemonia digitale, Sensibili alle foglie, 2016
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