SULLA NECESSITÀ DI UN PENSIERO FORTE

Appunti sul libro Per la critica della libertà di Gigi Roggero (DeriveApprodi, 2023)

Il nostro pensiero, dicevano, è debole, non ci sono verità che possano assurgere ad assolutezza, il terreno è instabile e lo smottamento costante. Non c’è possibilità per un ragionamento che raccolga la tradizione per inverarla nell’oggi e ri-pro-gettarla per il domani.

E questo specifico tempo in cui viviamo, non il tempo presente bensì il tempo del presentismo, pretende di abolire la durata. L’istante è tutto, il processo è nulla. Oggi l’hic et nunc non è più grido di battaglia contro la nostalgia romantica del passato e l’attesa salvifica del futuro. È, meramente, simbolo della liquefazione postmoderna del tempo storico. Presentismo, nostalgia e utopismo hanno questo in comune: privano il presente di genealogie, di prospettiva, di storicità. E dunque di possibilità di rottura e trasformazione radicale. Finché noi ci rifugiamo nel qui e ora e lasciamo la longue durée nelle mani del nostro nemico, non ci sarà partita.

Se non mi piace la realtà posso sempre falsificarla o raggirarla: virtualizzarla. Se la roccia stratificata del presente non assomiglia ai desiderata estetico-edonistici del presente, si può sempre tentare di ignorarla per ricostruirla in una realtà aumentata, di certo virtuale anche se rassicurante. La realtà è però realtà rocciosa e se ci vai a sbattere puoi pensarla morbida ma certamente farà male.

Noi diciamo che così è, che lo desideriamo oppure no. O il desiderio, infatti, è radicato nella materialità, oppure è mera consolazione utopica, vuota speranza, pappa del cuore. Qualcosa da disprezzare, certamente da rifiutare. […] In termini schmittiani, come il mare sta alla terra l’influencer è un servo che crede di essere padrone, il militante è chi vuol far saltare per aria quella soluzione dialettica. L’influencer tifa, il militante organizza. L’influencer vende merci, il militante ne distrugge la forma. L’influencer è il prodotto della cronaca, il militante agisce dentro e contro la realtà.

Se il luogo è il presentismo, il modo è il presenzialismo. Rifuggendo la fatica del concetto, la difficoltà dell’organizzazione, si sbanda da una parte all’altra: laddove è puntata una telecamera potremo srotolare i nostri striscioni. Oggi Cutro, domani una marcia per la pace, dopodomani uno “sciopero generale”. Anche le parole sono diventate deboli, svuotandosi costantemente del loro significato, seguendo la cronaca, l’audience e i like forniti da quell’attenzione distratta e superficiale della “gente comune”. Ma prendere posizione nel vuoto della cronaca, significa semplicemente farsi inghiottire da quel vuoto – un vuoto incluso nel pieno del capitale e da esso prodotto.

Le due vie che divaricano nel libro di Gigi Roggero sono quelle dell’assecondare per cavalcare l’opinione pubblica oppure conoscerla per marcarne una distanza, un’alterità irriducibile. Secondo il ragionamento di massa, che impregna di sé questa famosa opinione pubblica, il bene ultimo è la libertà. Libertà di vaccinarsi, libertà di scegliere il nostro proprio genere, libertà di voto. Tutti specchietti per le allodole, gabbie per canarini che sono liberi di volare in uno spazio dato dove possono cinguettare liberamente a squarciagola «finendo così (come il detective che tende a somigliare al serial killer in un altro tipo di prodotti hollywoodiani), per fare da megafoni inconsapevoli ai contenuti ideologici del capitalismo più à la page; compresa, come ultima tra le mode da cui il capitalismo trae profitto e legittimazione sociale, la negazione della biologia, nella fattispecie la negazione del binarismo sessuale della specie cui apparteniamo» (W. Bukowski, Nel mondo ma non nel Capitalismondo, Malanova, 9 maggio 2023).

Ma alla fin fine la sintesi di questo simulacro della libertà è più vicina ad un’idea di schiavitù: consiste nella libertà ultima di chi, per essere libero di consumare, ha solo la via della libera vendita della sua forza-lavoro e quindi del suo corpo.

Da qui comprendiamo come sia difficile risolvere tutti i ragionamenti nell’armocromia del bianco e del nero, del giusto e dello sbagliato, del sicuramente vero contro il sicuramente falso. Tifoseria dicevamo, perché la democrazia ha sussunto la libertà, l’ha inghiottita, incorporata, cancellata. Tanto che oggi, nel regno del capitale, democrazia e libertà sono utilizzati come sinonimi. Noi affermiamo il contrario: più c’è democrazia, meno c’è libertà ovvero possibilità di rompere con il totalitarismo democratico. Lì, nella trappola della cronaca e dell’opinione pubblica, la dialettica della necessità pone l’alternativa tra il mito del progresso tecnico e il mito del ritorno alla natura. La libertà andrebbe dunque cercata nella teleologia della crescita oppure nel romanticismo della decrescita. Su entrambi i poli, tuttavia, quella libertà è affidata a un ente metafisico, rappresentato come puro, neutrale, salvifico, benigno, indipendente dai rapporti sociali di dominio e di produzione. La religione, marginalizzata dalla secolarizzazione della politica, torna camuffata nel linguaggio di scienziati ed ecologisti.

Una religione secolarizzata totalitaria. La bandiera dei diritti umani oggi è sventolata dal sistema così come quella dell’ecologia. Al rosso è stato sostituito il verde in tutte le sue varianti. Questa religione ha i suoi dogmi che partano dall’inquinamento antropico al buco dell’ozono (oggi dimenticato), dalla crisi climatica alla moda del bio-eco-green. Il tutto condito dal senso di colpa ovviamente individuale. Devi consumare, non sia mai che diminuisci, ma fallo in maniera ecosostenibile. Chiudi l’acqua del rubinetto quando ti lavi i denti e compra più acqua in bottiglia (tanto la plastica di ricicla). Devi muoverti e tanto, certo, ma fallo su un’auto elettrica. Fino alle ultime proposte shock in Germania dove una climatologa si è sterilizzata per ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Bisogna diminuire l’umano e quindi meno bambini “a favore del clima”, come afferma il movimento diretto dall’attivista Verena Brunschweiger, a cui si uniscono anche uomini che si sottopongono volontariamente alla vasectomia. Qualsiasi sacrificio per rimanere conformi ai precetti ecobio. Così, pare, con l’affermarsi della moneta digitale, potremmo essere sempre più controllati e diretti anche nelle nostre scelte più intime di consumo: la carne fa male, per mitigare la tua impronta ecologica puoi consumare massimo un tot al mese dopodiché il chip di blocca. Potrai consumare però degli ottimi grilli o delle larve succulente chiaramente ad un prezzo tre volte più alto di quello della carne bovina. L’importante è assumere la giusta percentuale di proteine, meglio ancora quelle provenienti da sintesi. Puoi muoverti liberamente, certo, ma non farlo troppo o almeno acquista un nuovo mezzo ecofriendly. Se puoi acquistarlo potrai girare liberamente per la città ma se non puoi comprarlo ed hai una macchina scassata diesel ti conviene ritornare ad usare le tue stesse gambe o i mezzi pubblici (alle nostre latitudini assolutamente insufficienti per non dire inesistenti).

Non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità è il problema, recitava alcuni anni fa uno slogan dei movimenti di lotta cileni. Invece è proprio il desiderio di normalità a imporsi, perché la normalità è percepita come garante della libertà. Ecco la vera catastrofe: non la fine del mondo, ma la sua continuazione in queste forme. In forme normali, appunto. Una normalità in cui l’autorità è stata superata e incorporata nell’automatismo tecnico. Non riproduciamo l’esistente perché siamo piegati all’obbedienza; lo riproduciamo perché l’esistente è dentro di noi, ci fa alzare il mattino e andare a letto la sera, muove la nostra quotidianità, determina le nostre aspettative, parla con la nostra bocca, ci fa guardare il mondo con i suoi occhi. Niente affatto poteri occulti: al contrario i poteri sono fin troppo visibili, è la nostra impotenza nel combatterli che non ci dà la forza e il coraggio di indicarli.

Questo il massimo della libertà che ci è concesso, una libertà coatta-senza-imposizioni, una libertà cercata e voluta, una schiavitù vissuta come normalità e con il sorriso. Se ci sarà un chip sottocutaneo, se ci pagheranno a cottimo ed in moneta digitale in base al lavoro fatto dinanzi ad un monitor e rilevato dai sensori, se ci vaccineranno anche per guarire dall’irascibilità o dalla depressione, se ci regaleranno il paradiso nel nostro salotto dove potremo lavorare, sudare, comprare ed anche scopare virtualmente, tutto ciò sarà con il nostro massimo gradimento. Diremo grazie a Netflix che ci darà alcune serie gratis, ad Amazon che ci regalerà dei buoni spesa ed a Facebook che ci fornirà un reddito digitale in base ai nostri click. Noi ci accontenteremo e saremo felici della nostra tranquillità da salotto mentre quegli altri governeranno il mondo!

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