SPAZZOLARE LA STORIA CONTROPELO

Appunti di Teologia Politica (II)

“Si narra che sarebbe esistito un automa costruito in modo tale da reagire a ogni mossa di un giocatore di scacchi con una contromossa che gli assicurava la vittoria. Un manichino vestito da turco, con un narghilè in bocca, sedeva davanti alla scacchiera, posta su un ampio tavolo. Con un sistema di specchi veniva data l’illusione che vi si potesse guardare attraverso da ogni lato. In verità c’era seduto dentro un nano gobbo, maestro nel gioco degli scacchi, che guidava per mezzo di fili la mano del manichino. Un corrispettivo di questo congegno si può immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il manichino detto “materialismo storico””. Esso può competere senz’altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi, com’è a tutti noto, è piccola e brutta, e tra l’altro non deve lasciarsi vedere” (W. Benjamin, Sul concetto di storia, in Id., Opere complete, VII, p. 483).

Lungi dal rappresentare l’offuscamento cerebrale dei popoli, come si è in parte storicamente data, la teologia (la religione) è “il sospiro della creatura oppressa, è l’anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo!” (K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, “Annali Franco-Tedeschi”, 1844).

La presa di posizione di Marx è sicuramente vera ma parla di una religione dei vincitori, di una religione utilizzata dal potere per meglio governare. Oggi che il giocattolo s’è rotto, che Dio è morto, ancora meglio possiamo comprendere l’essenza della falsa religione burocratica e quella della vera teologia che da tempo immemore ha preso a suo servizio il “materialismo storico”, tanto è vero che il “Verbum caro factum est”.

Egli ha operato potentemente col suo braccio;

Egli ha dissipati i superbi per lo proprio pensier del cuor loro.

Egli ha tratti giù da’ troni i potenti, ed ha innalzati i bassi.

Egli ha ripieni di beni i famelici, E ne ha mandati vuoti i ricchi.

(Lc 1,52-53 – versione Diodati)

Continua Marx: “La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli pensi, operi, dia forma alla sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a sé stesso e, perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a sé stesso. È dunque compito della storia, una volta scomparso l’al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell’al di qua. E innanzi tutto è compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell’autoestraneazione umana, smascherare l’autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. […] La critica della religione approda alla teoria che l’uomo è per l’uomo l’essere supremo” (K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, cit.). 

Profezia avveratasi ma in maniera infausta. Pare a voi che sottratto all’uomo l’oppio della teologia, oggi l’uomo sia divenuto adulto, sveglio, un essere supremo? Ucciso Dio, si è caricato l’uomo dell’incombenza di essere Dio? Alla critica del cielo pare non sia seguita una critica della terra ma una mistica dell’al di qua che ha sostituito all’ascesi dell’eremita un edonismo consumistico radicale. Produci, consuma, crepa! Dall’insofferenza per il mondo alla soddisfazione nel mondo. Da qui la secolarizzazione di ogni concetto politico come afferma Carl Schmitt, da qui la mercificazione di ogni valore. All’estasi sta la droga come all’amore il sesso online, alla cooperazione sta l’individualismo come al miracolo la tecnica. Rimangono ancora oggi corrette le parole del Moro di Treviri che attacca il cristianesimo tal quale è praticato ma dimentica di analizzare il cristianesimo in sé, le sue forme organizzative originarie, la sua critica allo status quo che porterà generazione di primi cristiani nelle catacombe o tra le fauci dei leoni. Laddove il messaggio cristiano è realmente ricevuto e praticato, le dittature sono costrette a mettere all’indice i testi biblici. Laddove i vescovi testimoniano la vera teologia sono uccisi dalle bocche di fuoco al servizio dei potenti. Laddove. È chiaro anche l’inverso, laddove la teologia si fa politica non può che darsi la rivoluzione, laddove è la politica a farsi teologia non può che darsi la conservazione. Oggi viviamo, forse inconsci, nella seconda ipotesi. La politica si è fatta teologia, i concetti teologici si sono secolarizzati, il messianismo è incarnato dai leader governativi, i sommi sacerdoti che officiano nei penetrali del Santo dei Santi sono i finanzieri, gli informatici, i virologi. L’uomo è divenuto per l’uomo l’essere supremo, per come prefigurato da Marx, ma non è stata una buona novella. Il comitato tecnico scientifico foraggiato dalle multinazionali del farmaco decide oggi se devi curarti oppure no e se puoi andare a lavorare o devi rimanere a casa, quanta sia la capienza di un cinema o le norme per desinare in una trattoria. Ti dice, ad esempio, che devi entrare ed andare al bagno del ristorante con la mascherina ma che puoi stare seduto al tavolo senza. “De Maistre punta dritto sul concetto di sovranità, che per lui significa decisione. E l’essenza della decisione è l’infallibilità. I due termini, “infallibilità” e “sovranità”, sono “perfettamente sinonimi”. Ogni sovranità, sia essa Stato o Chiesa, ordinamento statale o ordine spirituale, “si comporta come se fosse infallibile, ogni governo è assoluto” (M. Tronti, Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Roma, Castelvecchi 2015, p. 13).

“La tradizione degli oppressi ci insegna che lo ‘stato d’eccezione’ in cui viviamo è la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo. Allora ci starà davanti, come nostro compito, di suscitare il vero stato d’eccezione, migliorando così la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La cui chance sta, non da ultimo, nel fatto che gli oppositori lo affrontano in nome del progresso, come se questo fosse una norma della storia. – Lo stupore perché le cose che noi viviamo sono ‘ancora’ possibili nel xx secolo non è filosofico. Non sta all’inizio di alcuna conoscenza, se non di questa: che l’idea di storia da cui deriva non è sostenibile” (W. Benjamin, Sul concetto di storia cit., p. 486).

Com’è possibile che nel 2022 viviamo ancora queste cose? Dopo un secolo nulla è cambiato e la gente vive dell’errore filosofico segnalato da Benjamin. La fede messianica nel progresso non ha nulla di sostenibile ed il fascismo non è stato sconfitto una volta per tutte. Non esiste alcuna linearità. Il Messia della teologia è stato crocifisso dalla storia ma è risorto nei panni secolarizzati della politica. In Draghi we trust.

Sappiamo “con chi poi propriamente s’immedesimi lo storiografo dello storicismo. La risposta non può non essere: con il vincitore. Quelli che di volta in volta dominano sono però gli eredi di tutti coloro che hanno vinto sempre. L’immedesimazione con il vincitore torna perciò sempre a vantaggio dei dominatori di turno. Con ciò, per il materialista storico, si è detto abbastanza. Chiunque abbia riportato sinora vittoria partecipa al corteo trionfale dei dominatori di oggi, che calpesta coloro che oggi giacciono a terra. Anche il bottino, come si è sempre usato, viene trasportato nel corteo trionfale. Lo si definisce patrimonio culturale. Esso dovrà tener conto di avere nel materialista storico un osservatore distaccato. Perché tutto ciò, deve la sua esistenza non soltanto alla fatica dei grandi geni che l’hanno creato, ma anche all’anonima servitù dei loro contemporanei. Non è mai un documento della cultura senza essere insieme un documento della barbarie. Nella misura del possibile il materialista storico, quindi, ne prende le distanze. Considera suo compito spazzolare la storia contropelo” (W. Benjamin, Sul concetto di storia cit., p. 486).

Le tradizioni, tutte le tradizioni storiche, vanno recuperate ma guardate con sospetto, come ogni tradizione umana. La teologia le illumina e le relativizza perché il “Sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il Sabato”. “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?” – dicevano gli scribi e i farisei al Cristo. Ed egli rispose loro “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. Tutte le tradizioni, anche quelle rivoluzionarie possono essere recuperate dai vincitori, sussunte direbbero i grandi pensatori! Tutte le pratiche, anche quelle più radicali possono essere utilizzate a favore dei vincitori. Vanno allora guardate dall’alto, messe alla prova dei fatti, spazzolate in contropelo per vedere se effettivamente reggono alla critica. Parlando della teologia politica in tempo di Natale (incarnazione del Verbo) potremmo dire che Giuseppe e Maria dovettero fuggire da Erode che tentò di sopprimere il Messia ma quanti teologi oggi stanno alla corte di Erode! Il cattolicissimo Draghi è più oppresso o più oppressore? 

“Articolare storicamente il passato non significa conoscerlo ‘proprio come è stato davvero’. Vuole dire impossessarsi di un ricordo così come balena in un attimo di pericolo. Per il materialismo storico l’importante è trattenere un’immagine del passato nel modo in cui s’impone imprevista nell’attimo del pericolo, che minaccia tanto l’esistenza stessa della tradizione quanto i suoi destinatari. Per entrambi il pericolo è uno solo: prestarsi a essere strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna tentare di strappare nuovamente la trasmissione del passato al conformismo che è sul punto di soggiogarla. Il messia infatti viene non solo come il redentore, ma anche come colui che sconfigge l’Anticristo. Il dono di riattizzare nel passato la scintilla della speranza è presente solo in quello storico che è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere” (W. Benjamin, Sul concetto di storia cit., p. 485).

La redazione di Malanova

I precedenti contributi:

Appunti di Teologia Politica (I) – LA POLITICA COME PENSIERO SCORRETTO

Print Friendly, PDF & Email