CRISI PANDEMICA E SANITÀ CALABRESE: UNA TESTIMONIANZA [#4]

In uno dei tanti presidi che in questi giorni si succedono in Calabria abbiamo registrato la testimonianza di un’utente dei servizi sanitari pubblici e privati. Ne esce uno spaccato desolante, ma anche un invito a sfruttare questo momento per essere sentiti e provare a cambiare realmente le cose.
Persone come me che hanno ormai una certa età e vivono, magari, con altre persone anziane, hanno un bisogno di sanità pressoché quotidiano. Ogni giorno andiamo in farmacia, quasi tutte le settimane dal medico e registriamo un progressivo impoverimento del sistema sanitario. Negli ultimi anni abbiamo scoperto che la vitamina D non ce la potevano più prescrivere, l’omega 3 nemmeno: un continuo taglio delle prestazioni. Un tempo potevamo fare le analisi tutte le volte che lo si riteneva necessario. Adesso a chi ha bisogno di misurare il colesterolo mensilmente si dice che non è possibile. Il colesterolo si può misurare ogni due anni! Cosa accada al nostro corpo nel frattempo non è dato saperlo. Allo stesso modo capita che se devi fare una visita, i tempi di attesa sono lunghissimi e se hai le placche alla carotide e hai la necessità di tenerle sotto controllo ogni 3 o 6 mesi l’appuntamento che ti fissano è dopo un anno o un anno e mezzo. Spero poi che nessuno di voi abbia bisogno del Pronto Soccorso! A me è capitato per una semplice epistassi di stare lì delle ore, senza la possibilità di avere un tampone: certo, spesso la colpa non è dei medici. Al Pronto Soccorso di Cosenza ci sono delle giovani dottoresse, bravissime, persone in trincea aggredite spesso da un’utenza inferocita, professioniste a cui mancano gli strumenti necessari. Mio marito, un uomo di 90 kg con l’emoglobina a 6 è rimasto lì dalla mattina alle 9 fino alla sera alle 22 per avere una trasfusione e alla dottoressa che mi diceva che non aveva nessuno a cui dare il compito di andare a prendere la sacca di sangue non le si poteva dire niente; era una povera professionista disarmata messa lì di fronte a una massa di persone che premevano, stanche di non essere visitate, che chiedevano dei loro parenti. Noi cittadini lo sottolineamo: non ce l’abbiamo con i medici, non siamo adirati con gli operatori della sanità che provano a fare quanto possibile, ma con i gruppi dirigenti, ormai è lampante, della politica e della sanità, del tutto inadeguati. Per questo siamo diventati lo zimbello d’Italia e d’Europa. I vari commissari e dirigenti, in questi giorni alla tv, hanno detto cose che non avrebbe detto neanche la “casalinga di Voghera” facendo una figuraccia in eurovisione. Ignoranti, incapaci, ignari della sanità e della salute. È arrivato il momento, nella pandemia queste considerazioni mi sono diventate più chiare, di capire cos’è successo al nostro sistema sanitario. La Sanità è stata consegnata nelle mani dei privati: infatti, meno servizi sono accessibili e gratuiti presso il pubblico, maggiore sarà il ricorso agli ambulatori a pagamento. Di fatto sono accadute cose inaudite, anche durante il Covid: a una mia amica che aveva la necessità di fare una visita ortopedica preso la clinica privata “La Madonnina” a Cosenza, con l’appuntamento già preso, le è stato comunicato di non poter entrare senza effettuare un tampone. Ovviamente il tampone poteva essere fatto nella stessa struttura al costo di 50 euro. Il Covid è dunque diventata l’occasione propizia per speculare sulla salute rastrellando denaro da chi vive nel bisogno e nella malattia. Questa pandemia ha dimostrato quello che già sapevamo: la sanità non è più al servizio del cittadino: è al servizio dei consulenti, dei commissari, dei gruppi dirigenti che rastrellano risorse e denaro mentre i servizi offerti agli utenti sono sempre più di meno. Adesso ci troviamo davanti a un’occasione da dover cogliere, di far sentire la nostra voce. Non possiamo più stare inermi e inerti a casa, diventeremmo complici di questo sistema. Dobbiamo protestare e imporre i temi che ormai tutti sanno: vogliamo più sanità territoriale (ambulatori, poliambulatori, uffici territoriali), ospedali efficienti con una medicina d’eccellenza e una classe dirigente capace che si metta nei panni del cittadino.
Una cittadina/utente
Il quadro è desolante. Servizi non più fruibili gratuitamente, visite che si devono prenotare mesi prima, medicinali una volta prescrivibili e oggi a pagamento. Un ricorso sempre più massiccio alle cure in ambulatori e cliniche private che, mettendo le mani al portafogli, garantiscono tempi più brevi. In un momento di grave emergenza si gioca sulla paura e la necessità per vendere un tampone a 50 euro o una prestazione d’urgenza. Pronto Soccorso e Ospedale presi d’assalto visto il deserto fatto nella medicina territoriale che ha subito tagli spaventosi per garantire il pareggio del bilancio. Ma la salute è un diritto che va garantito, non è un’azienda che deve produrre profitto. Il dare e l’avere della partita doppia non sempre possono incontrarsi.
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