La narrazione del “caso” Indi Gregory ha dimostrato una volta di più due questioni annose. La prima è la scarsa comprensione dei problemi etici che l’innovazione tecnologica ci pone, la seconda è che all’interno di questo gap comprensivo la propaganda ci sguazza. Oggi, che come da copione le polemiche si sono dissolte a poche ore dal decesso della sfortunata bambina, non traiamo conclusioni ma invitiamo ad alcune riflessioni. Per avere la mente sgombra da qualsivoglia retropensiero cerchiamo di mettere in fila alcune considerazioni partendo dai dati del problema.
Il primo dato è la patologia della quale soffriva la bambina, una sindrome ad oggi senza cura nei casi più gravi. Trattasi di aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica e nel caso in questione era incurabile, e questo i genitori lo sapevano, e alla fine hanno dovuto arrendersi all’idea, difatti non si opponevano piú all’interruzione delle terapie, avevano avanzato la richiesta che il distacco dei supporti vitali avvenisse a casa[1]. Ma quanto riportato dalla stampa italiana è tutt’altra faccenda, è stato montato un caso internazionale nel quale si è scatenata la peggiore propaganda moralizzatrice pro-life.
Inutile dire che il Governo ne ha tratto una boccata d’ossigeno, distogliendo per qualche tempo l’attenzione dagli affanni dovuti alla manovra di bilancio che oggi (17 novembre 2023) deve essere valutata da Moody’s da un punto di vista di affidabilità rispetto alle implicazioni per la solvibilità del nostro debito. Abbiamo visto quindi la macchina governativa muoversi con velocità inusitata per fornire alla piccola Gregory la cittadinanza italiana e sperticarsi in giudizi severi sul valore della vita e per “salvare” la bimba da una morte crudele.
La stampa inglese riporta tutt’altro[2], ma al di là del caso in sé, nel quale può apparire più che normale che una famiglia si aggrappi ad ogni filo di speranza credendo, riteniamo in buona fede, di agire per il meglio, quello che infastidisce è lo sciacallaggio che ne è derivato. Soprattutto da parte di un Governo che si intromette nelle questioni di un paese terzo. O meglio, quando c’è una chiara convenienza politica il Governo si inserisce in questioni etiche e moralizza a destra e a manca anche in casa d’altri solo per “salvare” una vita, quando la convenienza politica non c’è il Governo si guarda bene dal pestare i calli a qualcuno. Anche quando in gioco ci sono migliaia di vite simili a quelle della piccola Indi.
Appare quindi quantomeno strano che per una sola bambina si sia messa in moto la macchina statale e per sottoscrivere un cessate il fuoco che sta lasciando sul campo migliaia di vittime civili (siamo a più di 16.000 vittime) lo stesso Governo abbia preferito astenersi. O ancora come mai per una bambina condannata da una malattia ad una morte prematura ci si affanni a fornire la cittadinanza italiana e cure a carico del Governo, mentre per migliaia di bambini nati e cresciuti in Italia la cittadinanza non è automatica?
Rimane scandaloso come la possibilità che il dibattito su questioni complesse, come lo è il rapporto fra innovazione tecnologica e il significato di “essere in vita”, possa degradarsi a mero opportunismo o ad un coro da stadio fra opposte fazioni. Come sia possibile, pur essendo nell’era dell’informazione, della controinformazione e del debunking militante, riportare fatti in maniera più o meno comoda. Manca forse la volontà di comprendere le vere ragioni del problema o manca una reale comprensioni sul senso di questioni fondamentali.
A questo punto verrebbe da chiedersi se abbia piú un senso il valore di un’azione o lo scopo per il quale si agisce. Resteremo ingabbiati in una serie di loop senza fine nel momento in cui non si chiarisce quale sia il valore in gioco e quale significato si intende dare allo scopo da raggiungere. Questioni che dovrebbero occupare un posto centrale in un doveroso dibattito sulla nostra contemporaneitá, per capire cosa può rappresentare o se ci sia ancora posto per l’etica nell’epoca della cibernetica.
Ma è altresì chiaro che nell’agire “misericordioso” del Governo tali nobili problematiche non trovano spazio, è un agire dettato dalla più banale delle opportunità di cavalcare un caso e cavarne buona pubblicità a buon mercato. Ma volendo occuparci di questioni un po’ più alte vogliamo centrare il discorso su quella “attualità” sulla quale si preferisce galleggiare piuttosto che scrutarne l’essenza, una contemporaneità della quale andiamo strologando per la sua incomprensibilità non tentando però di dipanare la sua complessità.
In questa fase storica di potenzialità indefinite della tecnica si pongono problemi fino a qualche decennio addietro assolutamente inconcepibili eppure dovremmo essere in grado di comprendere se qualcosa sia utile o meno in funzione della situazione. Se fino a soli trent’anni fa alcune patologie avrebbero inevitabilmente condotto alla morte in poco tempo e oggi è possibile prolungare il decorso, ci si dovrebbe chiedere se questo prolungamento sia qualitativo o meramente quantitativo. Cioè se quella esistenza così definita sia degna e dignitosa in senso pieno o solo dal punto di vista del perdurare quantitativo con una qualità della vita praticamente per nulla connotata da sofferenze psicofisiche. Se la vita è coscienza di sé e anche relazione col prossimo, e se queste vengono meno, ha ancora senso parlare di vita o si può parlare di uno stato non completamente vitale? E quando si agisce per tenere in uno stato non completamente vitale un individuo, per chi lo si fa? Per il bene di chi? E quando interviene un elemento terzo che fa leva sul dolore e la disperazione per trarne vantaggio propagandistico e politico, per il bene di chi agisce?
Ma gli stessi fautori di iniziative pro-life è assai raro vederli affrontare battaglie per la vita di chi è sotto le bombe o chi è costretto a fuggire da situazioni drammatiche a rischio della vita.
Se si è per la vita lo si deve essere per la vita in generale, di tutti non solo di casi specifici, quindi non è forse neanche questione di scarsa propensione alla comprensione o al dibattito sull’etica ai tempi della cibernetica. Ma una incrostazione culturale che parla di principi universali applicandoli a casi particolari, a categorie specifiche infischiandosene di tutto il resto, questa è stata storicamente definita ipocrisia borghese o spocchia da benpensanti.
NOTE
[1] W. Jefford, PA news agency, Indi Gregory: Parents lose bid to take critically ill baby home, BBC, 08.11.2023. L’articolo è consultabile al seguente url: https://www.bbc.com/news/uk-england-derbyshire-67353844
[2] D. Kirka, A UK judge decries the legal tactics used by a sick child’s parents as he refuses to let her die at home, AP news, 10.11.2023. L’articolo è consultabile al seguente url: https://apnews.com/article/baby-indi-italy-life-support-76b9fdc69b1580ddf3bd971adc23027b
46 risposte a “LA MORALE DELL’IPOCRITA”
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