2001: l’inizio della fine

Nonostante inizino i primi sospetti di inquinamento del territorio, nel 2001 l’ufficio del Commissario regionale per la gestione dei rifiuti concede a Legnochimica l’autorizzazione a ricoprire la vasca n° 8 con materiale inerte di scarto e di risulta, non tenendo conto della contaminazione della falda acquifera profonda. Gli otto bacini artificiali (detti “laghetti”) venivano utilizzati per raccogliere l’acqua della lavorazione dei legnami e l’estrazione del tannino che veniva riutilizzata nel processo a ciclo continuo, ma, secondo il report dell’Associazione Crocevia:

“Nel processo di lavorazione del dimesso stabilimento industriale sono stati utilizzati, nel corso degli anni, materiali chimici quali: acido tannico, urea, formaldeide, paraffina ed altre sostanze pericolose. Per oltre trent’anni i residui di lavorazione del suddetto stabilimento (black liquor) sono stati sversati sul terreno, all’interno di mega bacini privi delle più elementari norme di isolamento”.

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“Detta realizzazione, è stata possibile nonostante l’esistenza, nei pressi del sito di una falda acquifera superficiale. Difatti in passato la zona era celebre per la presenza di diverse sorgenti tra cui ricordiamo la fontana “casella vacchi” dove i nostri nonni at- tingevano acqua anche per uso potabile. La rimanente parte del mega bacino (vasca n. 8), è stata interrata senza provvedere ad alcun tipo di bonifica ai sensi della legge 471/99 e, successivamente, vi è stato realizzato un opificio commerciale per la vendita di autovetture (Automeccanica Cosentina prima ed Concessionaria Peugeot oggi)”


2002/2006: cessazione delle attività e liquidazione

Il periodo nero dello stabilimento, ma non del gruppo, inizia con il nuovo millennio. Nell’inter- rogazione parlamentre dell’On. Jole Santelli del 2016 si ricostruiscono alcune fasi importanti che conducono dalla cessazione delle attività alla liquidazione:

“tra il 2002, anno in cui Legnochimica ha cessato le proprie attività, e il 2006, anno in cui la proprietà, con- centrata nella società Legnochimica srl, ha avviato la propria liquidazione, oltre 20 dei 30 ettari di terreno dello stabilimento, sono stati venduti per agevolare la nascita di altre attività: tra queste, la più corposa, è Calabra Maceri, azienda specializzata nella gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani; nel terreno di Legnochimica erano presenti 8 bacini idrici artificiali di varia estensione, dove veniva «decantato » il legname da trasformare in ledorex e da cui estrarre il tannino; nel 2006 il comune di Rende ha impedito a Legnochimica srl di liquidare i restanti 9 ettari di terreno dell’ex stabilimento, di cui aveva chiesto la preventiva bonifica”.

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Quindi, ricapitolando, una Legnochimica in “crisi” riesce a predare altri 40 miliardi (20 milioni di euro) di contributi pubblici per costruire una Centrale a Biomasse che poi cede attraverso un’operazione che vale circa 32,5 milioni di euro. Inoltre, ben 5 delle 8 vasche presenti nella proprietà della società Legnochimica risulteranno interrate e vendute ad altre società che, senza alcuna bonifica, vi costruiranno sopra dei nuovissimi capannoni. Ancora più incomprensibile e aggrovigliata diventa la storia se consideriamo che, più o meno nello stesso periodo della “crisi”, il gruppo costituisce la Silvachimica Srl, acquisisce l’Industria Chimica Lombarda Srl, società creata negli anni ‘30 da Enrico Mattei, incorpora la Soda Industriale Srl, crea la Silvateam Perù Sac che possiede anche due piantagioni di proprietà ed infine fa nascere Sistema Energia Srl per operare nel nel settore dell’energia da fonti rinnovabili oltre che l’attuale holding Silvatem che farà da cappello organizzativo di questo enorme gruppo oramai multinazionale.

Da queste comparazioni si evince, quindi, il fatto che la crisi dello stabilimento a Rende contrasta fortemente con la floridità generale del gruppo che è in quel momento in forte espansione. Inoltre, nonostante tutte queste entrate derivanti dalle operazioni finanziarie succitate e nonostante le dismissioni dei terreni, ad oggi le casse della società Legnochimica in liquidazione risultano del tutto prosciugate; l’esatto contrario delle vasche che lasciano in eredità alla comunità rendese.


2004/2006: situazione degli operai

Nel frattempo, persiste la condizione di precarietà di oltre 80 degli ex dipendenti della Legnochimica che negli anni sono riusciti a galleggiare grazie ai soldi della mobilità e della cassa integrazione. Si convive con la paura delle scadenze e con il tarlo della possibilità della mancanza di rinnovo degli ammortizzatori sociali che avrebbe definitivamente privato gli operai dell’unica fonte di reddito rimastagli. In questo periodo i lavoratori interessati sono circa 100 di cui 15 già licenziati, 8 che percepiscono il sostegno economico (mobilità) fino ad ottobre 2004 ed infine per altri 80 la mobilità scadrà ad ottobre 2005 e conseguentemente anche il loro sostegno economico. In realtà dal documento sotto riportato sappiamo che la mobilità sarà successivamente prorogata per tutto l’anno 2006.
Nello stesso anno 2006, con verbale del 5 aprile, l’assemblea dei soci decide di porre la società in liquidazione. Nel mese di novembre dello stesso anno, seguendo lo stesso report dell’Associazione Crocevia, si è verificato il primo di una serie di incendi che ha interessato i vecchi capannoni della ex Legnochimica in fase di smantellamento, rivestiti con eternit‐amianto. Da ora in poi il fuoco sarà un elemento ricorrente che rinnoverà ogni anno il ricordo del fatto che in quell’area sono ancora presenti delle vasche cariche di elementi chimici inquinanti e certamente dannosi. Queste combustioni genereranno anche la preoccupazione delle popolazioni residenti e delle istituzioni che prima risultavano alquanto distratte e tolleranti visti i grandi benefici puramente economici che lo stabilimento generava sul territorio. Possiamo sicuramente affermare che il versamento di denaro copriva in maniera efficace lo sversamento di altre sostanze nelle vasche, sui terreni e nel fiume Crati.

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Il 15 luglio 2008, si è verificato un secondo incendio che ha interessato migliaia di tonnellate di biomasse depositate sul piazzale della ex Legnochimica, gestito dalla Calabra Maceri, mentre un terzo incendio si è verificato, a distanza di circa 1 mese, il 20 agosto 2008 ed ha interessato anche le vasche della ex Legnochimica che, pur contenendo apparentemente un liquido melmoso costituito prevalentemente da acqua, hanno preso fuoco.

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