Estate al nero nel Tirreno cosentino. L’altra faccia del turismo

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di Francesco Cirillo·

La disoccupazione in Calabria è al 65% e non è una novità. Oramai chi può, quasi tutti i giovani, se ne scappano da questa terra. Chi non ha scrupoli , invece, si iscrive ad un partito politico, entra nella massoneria o nella ‘ndrangheta e il lavoro lo trova subito. Ma c’è anche chi aspetta la grande panacea dell’estate. Apriranno alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari, attività commerciali e tutti metteranno cartelli per la ricerca di personale. Pochi saranno calabresi, la maggior parte saranno polacchi, ucraini, cechi, romeni . Un fenomeno che si ripete da qualche anno ed è immediatamente legato alla panacea turistica. A quanti sostengono ancora che questo turismo porti lavoro e sia pari ad una industria. E’ quanto di più falso si possa sostenere. Non esistendo controllo da parte dell’Ispettorato del lavoro, che dicono a Cosenza , abbia poco personale , sono molti gli albergatori, i ristoratori, i baristi, i proprietari di campeggi, all’affannosa ricerca di personale che sin dal mese di giugno, lasciano nelle mani dei loro lavoratori misere paghe dopo ore e ore di sfruttamento.

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Gli alberghi, che dovrebbero essere l’industria vera della costa tirrenica, intanto infrangono una regola. Quella di non stare aperti sei mesi l’anno piuttosto che i miseri due mesi di luglio e agosto. Sono pochi gli alberghi che fanno la bassa stagione, il 30 agosto la totalità degli alberghi chiude , chiedendo al comune di appartenenza una licenza per lavori di ristrutturazione. Ogni anno ristrutturano, non si sa bene cosa, senza alcun progetto e senza alcun controllo. La legge dice che gli alberghi dovrebbero stare aperti sei mesi all’anno. Così non è. Tutto si riduce quindi ai soli due mesi. Questo vuol dire lavorare 12 ore al giorno, con una paga finale al mese di circa 800-900 euro spesso senza contributi né assicurazione. Una miseria. Lo stesso dicasi per gli affollatissimi bar. Si inizia a lavorare alle 6 del pomeriggio e si finisce alle 3 / 4 del mattino. Paga finale dalle 500 alle 700 euro. Campeggi, chioschi sul mare, pizzerie sono tutti a questo livello e possono testimoniarlo tutti coloro che vi hanno lavorato. E’ chiaro che nessuno parlerà mai del suo rapporto di lavoro, in quanto si spera sempre di poterlo riottene l’anno successivo. Molti operatori turistici preferiscono, per non avere grane, avere a che fare con ragazze straniere. Alcuni offrono lavoro attraverso Internet e trovano subito ragazze dell’est che per tre mesi scendono a fare l’esperienza italiana. Non hanno permessi di soggiorno, né altro e quindi non possono fare la voce grossa. Se si lamentano vengono cacciate dal posto di lavoro e messe subito fuori dall’appartamento che li ospitano. Alcune storie raccolte fra la loro comunità sono terribili. Si parla di ragazze cacciate da un giorno all’altro e lasciate in mezzo alla strada. Certamente conosco tanti albergatori e ristoratori che si comportano bene, ma purtroppo non è così per la maggior parte degli esercizi commerciali. Il punto nodale e centrale è la mancanza di controlli su tutto il territorio. Ci vorrebbero decine e decine di ispettori che dalla mattina alla sera ogni giorno controllino questi esercizi, cosa impossibile per le migliaia di attività che si aprono ogni estate. Brilla su tutto l’assenza totale dei sindacati, ridotti al lumicino e con la sola funzione di raccogliere tessere e offrire qualche avvocato gratis nel caso raro di qualche contestazione.

In questo contesto fanno ridere e suonano amaro, quelle azioni di contrasto agli ambulanti di colore che i vigili urbani di qualche comune ha messo in opera . Ordine e disciplina ma solo per i più deboli ed indifesi, poi la sera tutti a mangiare in qualche ristorante alla moda ed essere serviti da qualche cameriera rumena. Nella costa tirrenica da dati ricevuti con fatica dalle agenzie del lavoro risultano disoccupate circa 40 mila unità. Negli ultimi anni si sono persi migliaia di posti di lavoro specie nell’industria tessile. Fabbriche trasferite nei paesi dell’est. Si è persa la camiceria di Scalea, la Line e Lane e la Marlane di Praia a Mare, la Pamafi di Tortora, la Foderauto di Belvedere Ma.mo, la tessile e la Firrao di Cetraro, e con queste fabbriche tutto l’indotto ad esse collegate. I sindacati, la politica non ha fatto nulla per fermare questo disastro umano, se non le solite parole e condoglianze di circostanza. Oggi il lavoro nero è dilagante. Dove sta la ricchezza proveniente dal turismo quindi non si capisce. Si lavora poco, si lavora male, e soprattutto si continua ad emigrare.

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