Cosenza. Amministrative 2016, la discarica dell’ipocrisia

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Della miopia di Guccione, la boria di Occhiuto, la doppiezza di Paolini

Questa  campagna elettorale ha dell’incredibile. A nostra memoria non si era mai arrivato a tanto. La politica dei proclami e della spettacolarizzazione inaugurata da Berlusconi ed esasperata oggi dal ducetto Renzi, molto in voga sia a destra che a sinistra, sembra essere stata interiorizzata alla grande dai tre maggiori candidati a sindaco nella competizione bruzia. Nonostante una campagna elettorale iniziata con largo anticipo, in questi mesi  nessuna parola è stata pronunciata in merito ai problemi reali che attanagliano la nostra città e ai bisogni che vivono i suoi abitanti. Anziché concentrare l’attenzione sui drammi dell’inoccupazione e disoccupazione, del lavoro nero, dello sfruttamento della manodopera autoctona e migrante (nei cantieri, call center, centri commerciali, asili, cliniche), della mancanza di un sistema di garanzie sociali, del carovita, dell’emigrazione, della mancanza di una casa, del caro-affitti, tutti problemi reali che riguardano la quotidianità della città di sotto, i nostri sembrano essersi decisamente concentrati su altro. Tale campagna elettorale sembra essersi focalizzata sul gioco a chi è più onesto dell’altro, (scordando o facendo finta di dimenticare che 2 dei 3 nomi in questione compaiono nei verbali redatti dalla magistratura per le cantate dei pentiti cosentini, e che 1 invece è implicato nello scandalo rimborsopoli che ha visto il coinvolgimento dei capoccioni più in alto del PD), su presunti giuramenti  di onestà e di trasparenza, su patti per la legalità firmati davanti ad un notaio, dimostrando, se ancora ce ne fosse l’esigenza, tutta la loro lontananza dalle istanze e dai bisogni dei settori sociali che dicono di voler rappresentare e favorire.

Ed invece l’unico favore che abbiamo colto e che i tre, nonostante piccole sfumature, non hanno neanche faticato tanto a nascondere, è quello che si apprestano a concedere ai loro amici costruttori, alle lobby del ferro, cemento e mattone. Metro leggera, nuovo ospedale e grandi e inutili opere sono state infatti il trait d’union nei fantomatici loro programmi, avvalorando la nostra tesi sull’autoreferenzialità della casta politica rispetto alla gente che pensano di rappresentare, ma che in realtà usano solo come mezzo di scambio per i propri interessi.

Guccione si appella ai cosentini promettendo in caso di una sua vittoria una filiera istituzionale che unirebbe Cosenza a Catanzaro a Roma a Bruxelles. Un’autostrada democratica per fare ancora più facilmente e velocemente i cazzi propri e quelli dei loro affni e continuare nelle politiche di smantellamento delle garanzie sociali e di regalo di concessioni, appalti e convenzioni agli amici palazzinari, prenditori e banchieri. Gli occhiali che campeggiano sui muri delle strade e che sono state elevate a simbolo del suo programma, rappresentano piuttosto la miopia della politica dem, che già alla guida della città bruzia, nonché al governo regionale e nazionale, vorrebbe scaricare su altri lo sfacelo economico, sociale, culturale cui versa il nostro territorio, di cui loro invece sono i principali responsabili. Chiara emerge invece l’ennesima illusoria impalcatura pseudo-politica montata, in tutta fretta, dal Partito della Nazione, per tenere insieme gli ingranaggi di una Città che il nostro definisce Grande, ma che in realtà negli ultimi decenni sta vivendo una decadenza costante sul piano politico, economico, sociale e culturale.  Le strategie per la creazione di questa grande città, però, Guccione non le indica, limitandosi a parlare di “patto federativo” tra i comuni limitrofi. Una grande Cosenza, fondata sull’e-democracy, su una democrazia virtuale fintamente partecipativa, ciò che da anni ormai deprecano i nostri governanti ai quali non interessa affatto la reale partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, quanto l’essere lasciati liberi di realizzare  i loro porci comodi. Una Cosenza “legalitaria” e sicura, quella che si immagina Guccione, “in sinergia con le forze dell’ordine”, ed in totale convergenza con le politiche Renziane di  “controllo e repressione” di tutto quanto vada contro il loro concetto di ordine e di legalità. Un altro specchietto per le allodole che, presentato demagogicamente come mezzo per fronteggiare la delinquenza, maschera in realtà l’obiettivo politico di annichilire ogni forma di opposizione sociale al costituente ordine “democratico” in definizione dai settori delle borghesie europeiste . Nel programma del PD, per certi versi al pari di quello degli altri due, tanto che sembrano scritti dalla stessa mano, si parla di modernizzazione della città attraverso il nuovo sistema di trasporti della tramvia, la realizzazione del nuovo ospedale e riqualificazione del suo centro storico, a suon di milioni di euro regalati a sedicenti ditte o con progetti dagli obiettivi improponibili.

Occhiuto dal canto suo si spaccia i numeri della passata esperienza consiliare riproponendo la retorica Berlusconiana in chiave cosentina dell’ “amu fattu chissu, chissu e chiss’atru” chiedendo ai cosentini riconferma della loro fiducia per  continuare nel progetto interrotto agli “inciuci” che lo hanno scalzato da palazzo dei bruzi. Nel suo programma che, rappresenta la riproposizione su carta della sua megalomania e distanza dai bisogni delle esigenze delle masse popolari, disegna nuovi stadi, nuove chiese e nuove piazze, festival, presepi e caccie al tesoro, (senza indicare da quale forziere reperire i soldi per tutti questi cantieri) come se i cosentini campassero di solo “palluni” o di drink ai tavoli dei bar nelle riprogettate piazze della città. Utilizzando a pretesto una recente sentenza che, di fatto assolve alcuni occupanti prendocasa dal reato di occupazione abusiva di immobile, il nostro parla di nuove politiche abitative e auto-recupero omettendo però che ha avuto quasi 5 anni per poter attuare quanto declama in campagna elettorale se solo avesse realmente manifestato più interesse per i bisogni della gente in stato di necessità anziché dedicare il suo tempo a Sgarbi, Alarico e i suoi fantomatici tesori o alle luminarie.

Paolini che gioca a presentarsi come alternativa, tingendosi di sinistrismo e come l’uomo nuovo senza macchie, denuncia i brogli della passata amministrazione e la doppia morale del PD, scordandosi di aver elemosinato per mesi le primarie con gli stessi democratici e che oggi siede a braccetto coi cinghiali, gli intrallazzatori per antonomasia,  vecchi amici di Occhiuto e i prossimi alleati di Guccione. Paradossalmente il presidente regionale dell’associazione dell’ospedalità privata (AIOP), il portavoce degli interessi delle cliniche che hanno imbracciato con Scura una battaglia per l’aumento delle rette e per la concessione di nuovi accreditamenti e convenzioni, invoca un cambio di passo rispetto agli sprechi e  ai limiti del sistema sanitario pubblico, alle condizione cui sono costretti i pazienti e alla precarietà e indeterminatezza di tutele delle professionalità che all’interno vi operano. Assurdo che il portavoce AIOP, rappresentante dell’omonimo CCNL che prevede un peggioramento delle condizioni salariali dei propri dipendenti, un incremento dell’orario di lavoro, una diminuzione delle ferie,  un patto di produttività che nega il riconoscimento della malattia, si erga a difensore del sistema di cura pubblico e dei lavoratori che vi operano all’interno. Ma come dire ormai siamo stati abituati a ingoiare tanti di quei rospi da avere un apparato digestivo invidiabile persino da una iena.

Sarebbe sin troppo semplice confutare e capovolgere le parole d’ordine sulle quali ognuno dei tre candidati ha costruito la propria tattica elettorale.  In effetti hanno parlato e ciarlato tanto senza mai dire realmente niente. Tanta demagogia, vuoti esercizi retorici, accuse e denunce reciproche, piuttosto che un reale impegno nell’illustrare i punti dei propri programmi. Più impegnati ad ingaggiare una battaglia contro l’avversario, a denigrarsi a vicenda, a elargire promesse, a rappresentarsi come altro rispetto alla precedente amministrazione, a promettere di fare meglio, anziché illustrare che cosa fare concretamente. Finalmente tale teatrino sembra volgere al termine. Tra pochi giorni i cosentini nel segreto dell’urna e alla faccia delle promesse dispensate a questo e a quel candidato in cambio della casa, del lavoro, di una bolletta pagata o dei più concreti e tangibili 50 euro a voto, sceglieranno a quale nuovo padrone piegarsi. Non avendo interessi particolari da difendere, business da tutelare, candidati da favorire, Noi al solito tifiamo rivolta.

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