Per comprendere l’attuale complessa situazione geopolitica, proviamo ad aggredirla dal punto di vista della storia delle idee. Questo per evitare la confusione attuale e i facili posizionamenti tra filo-occidentali e filo-orientali, tra Nato e Russia, tra putiniani e zelenskyani. Nella marea di bufale e immersi nel bombardamento mediatico, difficilmente si riesce a capire la realtà dei fatti. La troppa informazione ha lo stesso effetto del non averne alcuna. Ci si nutre di slogan, da una parte e dall’altra, ignorando il nocciolo del contendere che è prettamente filosofico e geo-politico.
Sempre più spesso si accosta alla figura di Putin quella del filosofo e politologo della “IV teoria politica”, Aleksandr Gel’evič Dugin. Per alcuni è una strategia occidentale per screditare Putin, per altri pesa la reale influenza del pensiero di Dugin sul governo e sulle scelte della Federazione tanto da portare il magazine Foreign Policy a definirlo il “cervello di Putin”. La storia delle sue teorie è molto intricata e parte da circoli occultisti filo-nazisti fino a pervenire ad approdi nazionalisti e tradizionalisti ortodossi che passano dall’esperienza nell’associazione nazionalista Pamjat’ (l’unico movimento politico indipendente tollerato dal PCUS tanto da far sospettare un qualche finanziamento del KGB) e dal Nazional-Bolscevismo.
Dugin parte anticomunista e addirittura filo-nazista per poi variare di molto i suoi “gusti” politici. Nel convulso periodo del tracollo del comunismo, che va da Gorbaciov a Boris El’cin, in Russia l’opposizione al governo era rappresentata principalmente da due componenti, di per sé contrapposte, i nazionalisti (con idee tradizionaliste ortodosse e nazionaliste) e i comunisti, che si erano opposti al processo di smantellamento dell’URSS. Il lavoro ideologico di Dugin sarà quello di mescolare queste due opposizioni creando il Fronte Nazional-Bolscevico nel 1993 che poi diventerà il Partito Nazional-Bolscevico.
Con l’ascesa di Putin, che proveniva dagli ambienti el’ciniani, cambia lo spartito. Agli oligarchi, sempre più emarginati, si sovrappongono ambienti dei servizi di sicurezza in un ambiente culturale che in Russia rimane poco affascinato dal liberalismo (causa del disastro sociale e geopolitico della transizione dal comunismo) mentre sposa il progetto di miglioramento delle condizioni materiali della popolazione e la retorica dell’orgoglio nazionale e del recupero del prestigio imperiale internazionale proprie dell’amministrazione Putin. Tant’è che i riferimenti putiniani sono più rivolti al passato zarista che a quello sovietico.
Queste connotazioni ideali portano al cambiamento politico-economico: dal libero mercatismo radicale a politiche protezionistiche e alla statalizzazione di diversi settori strategici. In questo periodo, nel 1997, Dugin scrive Osnovy Geopolitiki (Fondamenti di geopolitica) che ebbe un discreto successo e fu adottato in alcune scuole militari russe, per iniziativa del Ministro della Difesa, Rodionov. Nella premessa di Andrea Virga (Comprendere Dugin) contenuta nella prima edizione italiana della Quarta teoria politica, si legge: “Dugin diventa così, nel 1998, consigliere del Presidente del Parlamento, il comunista Gennadij Seleznev (1947-2015)” (A. Dugin, La quarta teoria politica, NovaEuropa Edizioni, Milano 2017, p. XV).
Successivamente Dugin elabora una sua personale dottrina filosofico-politica conosciuta come neo-eurasiatismo che porterà alla fondazione nell’aprile 2001 del Movimento Politico-Sociale Panrusso “Eurasia” e successivamente del Movimento Eurasiatista Internazionale (2005).
Inizia così un periodo di grande mobilità tra convegni e incontri internazionali che gli permetteranno di tessere una fitta ragnatela di relazioni politiche in tutto il mondo, specie negli ambienti conservatori e populisti. Di questo periodo sono anche diversi volumi accademici, molti dei quali diventeranno un punto di riferimento dell’intellighenzia neo-conservatrice.
Arriviamo al punto nevralgico da cui si dipana la storia attuale: il 2014. È il tempo dell’Euromaidan filo-occidentale, seguito dalla dichiarazione di autonomia delle repubbliche del Donbass filo-russe. In questo periodo nasce anche quella che sarà definita l’Internazionale conservatrice: “Nasce l’Internazionale nera, la “Santa alleanza” delle destre radicali anti-europee, anti-occidentali e omofobe del Vecchio continente. E nasce con la benedizione e la sponsorizzazione di oligarchi russi vicini a Putin, nonché la partecipazione di Aleksandr Dugin, le cui idee sono state riprese, con l’Unione eurasiatica, proprio dal capo del Cremlino. Una loro riunione a porte chiuse si è tenuta l’ultimo sabato di maggio del 2014 a Vienna, nello Stadtpalais del principe di Liechtenstein. La notizia, ripresa dal Tagesanzeiger svizzero, ha creato allarme negli ambienti politici e dell’intelligence di diversi paesi democratici, a cominciare dalla Germania di Angela Merkel. Gli obiettivi comuni non mancano: nazionalismo ed Europa delle patrie, opposta all’Europa come unità politica, e poi opposizione al liberalismo, in senso economico, politico e culturale, ostilità alla “lobby satanica” degli omosessuali, richiamo ai vecchi valori tradizionali di legge e ordine. Ospitante e sponsor l’oligarca russo Konstantin Malofe’ev, con la sua Fondazione intitolata a San Basilio il Grande. Malofe’ev, secondo il “Financial Times”, avrebbe rapporti diretti con Putin ed è sospettato di aver finanziato i separatisti dell’Ucraina orientale. Al suo fianco Aleksandr Dugin, ex ultrà di destra, poi spostatosi su posizioni nazionaliste più moderate. E ancora: Marion Maréchal- Le Pen, la giovane nipote della carismatica numero uno del Front national, il popolare leader della Fpö (destra radicale austriaca), Heinz-Christian Strache, e il capo dei radical-nazionalisti bulgari, Volen Siderov. Dugin ha auspicato la creazione di «una quinta colonna filorussa di intellettuali che come noi vogliono rafforzare le identità nazionali». E ha aggiunto: «Così potremo conquistare l’Europa e le sue anime e unirla a noi», e difenderla dalla decadenza occidentale, liberal e gay” (maggiori dettagli a questo link).
Da qui arriviamo ai nostri giorni. Secondo Dugin, che teorizzava da tempo l’intervento in Ucraina contro i nazisti che demonizzavano la cultura filo-russa e bombardavano il Donbass, l’operazione militare speciale di Putin è un atto di difesa dell’autonomia russa. La Federazione ha una possibilità di rimanere autonoma dall’Occidente liberale solo se l’Ucraina, con le sue ricchezze agricole e minerarie, rimane nella sua orbita. In effetti il colpo di Stato – camuffato secondo lui e secondo altri osservatori da rivoluzione colorata – non è stato altro che una manovra pilotata e finanziata dall’Occidente e dalla Nato per indebolire la Russia e le sue pretese di diventare nuovamente un attore geopolitico fondamentale nello scacchiere mondiale. Secondo Andrea Virga, nella già citata premessa al libro di Dugin, nonostante queste sue idee sull’Ucraina (e un accordo con la Turchia sulla questione siriana) solo in parte accolte, Dugin resta dunque una figura preminente della vita intellettuale e politica russa (A. Dugin, La quarta teoria politica cit., p. XXVII).
In realtà, lo stesso pensatore definisce il proprio pensiero, che egli stesso sostiene essere un concentrato delle influenze di altri filosofi, all’interno di una novità. Dopo il liberalismo, il comunismo e il fascismo, ci troviamo di fronte alla quarta teoria politica che supera, secondo l’autore, le idee di destra e sinistra. Un pensiero sicuramente anti-liberale, ma non razzista. Alcuni lo collocano nel sentiero del comunitarismo. È ancora Virga, nella sua premessa, a sottolineare che:
“In primo luogo, è pacifico che individuo e la classe siano i soggetti, rispettivamente della prima e della seconda teoria politica. Tuttavia, mentre la differenza tra il comunismo storico novecentesco e il liberismo è sempre stata evidente, nell’ambito del centrosinistra si è assistito a una serie di contiguità e incontri tra queste due teorie. C’è però una linea di fondo chiara, che spacca in due la stessa socialdemocrazia, sul piano teorico:
- Il marxismo riformista, o revisionista, può rifiutare o posporre la via rivoluzionaria in favore di altre strategie, ma resta sempre la lotta di classe il suo obiettivo, almeno dichiarato, e appartiene alla seconda teoria politica.
- Il socialismo liberale, o il liberal socialismo, ritiene che solo attraverso l’uguaglianza garantita dallo Legge delle condizioni di partenza, vi possa essere autentica libertà per l’individuo, ma il suo orizzonte resta comunque quest’ultimo, e quindi rientra nella prima teoria politica.
In epoca postmoderna, il neoliberalismo ha ormai superato, nella pratica (ma non come modello!), l’individuo – proprietario, armato, imprenditore, responsabile, patriarcale, radicato – in favore di un post-individuo (o dividuo) che, al contrario, è meticcio, gender fluid, eterno adolescente, azionista, pacifista, parte della share economy. Il neocomunismo (della New Left) condivide ormai questo soggetto («l’individuo è divenuto il soggetto normativo di riferimento per tutta l’umanità» – Costanzo Preve, Elogio del comunitarismo, Controcorrente, Napoli 2006, p. 10), però declinato in maniera collettiva ed egualitarista, come una moltitudine, concetto che ha sostituito quello moderno di classe, allo stesso modo in cui il cali center ha sostituito la catena di montaggio (M. Hardt – Antonio Negri, Moltitudine. Guerra e democrazia nel nuovo ordine imperiale, Rizzoli, Milano 2004). In secondo luogo, alla terza teoria politica, Dugin attribuisce un duplice soggetto – lo Stato o la Razza, a seconda che si tratti del fascismo italiano o del nazionalsocialismo tedesco – , il che denota un approccio superficiale. A maggior ragione risulta tale, se si ammette che la terza teoria politica include non solo il fascismo storico, ma tutte le terze posizioni anticomuniste e antiliberali della Modernità (neofascismo, peronismo, socialismo arabo, ecc.). Il vero soggetto, dunque, è la nazione, a prescindere da come poi venga declinata all’interno delle singole applicazioni particolari di questa teoria politica” (A. Dugin, La quarta teoria politica cit., p. LXVIII).
Questo l’alveo culturale in cui si muove la nuova teoria che grossi proseliti ha fatto anche nei nuovi partiti conservatori come quelli guidati da Salvini in Italia, Orban in Ungheria o Le Pen in Francia, con i dovuti distinguo.
In realtà, oggi, esiste solo la prima teoria politica, il liberalismo, che da sempre combatte le altre teorie o ipotesi politiche fino a rigettare il concetto stesso di politica. Esiste solo la realtà quotidiana e le soluzioni tecniche per risolvere i problemi dell’individuo. Anche il liberalismo, dunque, ha lavorato in profondità sulle coscienze per svestirsi della sua vecchia veste politica e rivestirsi di quotidianità, di tecnica. Non c’è bisogno di politica, di filosofia, di una metafisica di base, i valori e le idee vengono suggeriti dal nostro quotidiano e risolti dai tecnici: il “liberalismo trionfante è diventato uno stile di vita: la logica del consumo, l’individualismo e la manifestazione postmoderna di un umanità atomistica e subpolitica. I politici sono diventati biopolitici, migrando al livello individuale e sub-individuale. Ne emerge che non solo le ideologie politiche sconfitte sono uscite di scena, ma la Politica stessa e perfino il liberalismo nelle sue forme ideologiche. Per questo è diventato praticamente impossibile immaginare una forma alternativa di politica. Coloro che non aderiscono al liberalismo si trovano in una situazione difficile – il nemico trionfante si è dissolto, scomparendo; loro sono rimasti a combattere contro i mulini a vento. Come si può far politica, se non c’è politica?” (A. Dugin, La quarta teoria politica cit., p. 3).
Pensiero non certamente originale, quello di Dugin, che ha però raccolto intorno a sé diverse figure politiche, da leader di partito a capi di governo. D’altronde basta osservare l’attuale scenario politico italiano. Quali reali differenze ci sono tra due grandi partiti come il PD (che si autodefinisce di centro-sinistra) e Forza Italia (che si autodefinisce di centro-destra)? Spesso tra gli schieramenti al governo cambiano solo le lobbies economiche di riferimento e poco altro. Da una parte si colorano le stesse ricette macroeconomiche con una spruzzata di diritti umani e rispetto di genere, dall’altra con una verniciata molto superficiale di valori tradizionali. Tutto qui lo scontro epico tra le diverse fazioni con il popolo chiamato a scegliere tra prospettive politiche ed economiche sostanzialmente speculari. Quando tutto va male, e questo accade sempre più spesso, si cede al governo tecnico. Laddove la politica ha perso legittimità, che siano gli esperti a guidarci.
Così conclude Dugin nella premessa del libro che abbiamo preso in considerazione: “Quindi, per riempire la lacuna politica e ideologica di cui si è detto, alla Russia serve una nuova idea politica. Per la Russia il liberalismo non funziona, ma, nel contempo, non sono più accettabili neanche il comunismo e il fascismo. Di conseguenza, abbiamo bisogno di una Quarta Teoria Politica. […] Se la Russia decide di “essere”, ciò implicherà automaticamente la creazione di una Quarta Teoria Politica. Altrimenti, per la Russia non resterà che “non essere” , ossia lasciare in silenzio la scena, sciogliendosi in un ordine globale che non è creato o governato da noi” (A. Dugin, La quarta teoria politica cit., pp. 5-6).
Esiste per Dugin, di fatto, un ordine globale intriso occultamente dai valori del liberalismo nascosti sotto la veste della tecnica. In realtà, non ci sono principi da propugnare o verità da difendere. Non esistono filosofie o pensieri forti. La vita impone la sua relatività, la sua oggettività. C’è solo da reagire ad essa provando a vincerla con l’oggettività della tecnica!
Di fatto il Novecento è stato il secolo delle ideologie. Figlie e figliastre del pensiero forte illuminista, transitato nel positivismo, il liberalismo, il comunismo e il fascismo se le sono date di santa ragione. Conosciamo tutti l’epilogo. Il fascismo, ultima ideologia a nascere, è stata la prima a sparire a causa di errori geopolitici dovuti alle ambizioni imperiali di Hitler. Le prime due ideologie, alleatesi contro il fascismo, hanno proseguito la lotta per gran parte del XX secolo costruendo un mondo a blocchi, un antagonismo sviluppatosi in guerra fredda. Questa lunga notte è terminata con la demolizione del muro di Berlino e l’implosione del blocco sovietico. Il liberalismo, la prima delle teorie politiche a nascere, è sopravvissuto a tutte le sue teorie antagoniste. Varcato il confine tra modernità e postmodernità, anch’esso ha svestito l’armatura da guerriero per sciogliersi nella realtà dei fatti. Esiste ormai solo una ragione, una teoria, una verità. I valori dell’Occidente, guidati da libertà e democrazia, devono essere esportati attraverso la globalizzazione. Tutte le altre proposte valoriali e ideali non hanno più senso, sono semplicemente degli arcaismi che devono lasciare il passo all’occidentalizzazione del mondo.
In questo moderno quadro desolato di teorie e controteorie diventa sempre più urgente ripensare un pensiero del conflitto autonomo e di classe che possa smarcarsi da populismi, comunitarismi e forme sociali neo-identitarie spesso propedeutici a profili di potere di natura imperiale seppur magari su scale regionale. Dugin ha partorito la sua quarta teoria politica intorno alla quale ha raccolto i suoi sodali; noi con cosa rispondiamo?
La redazione di Malanova
BIBLIOGRAFIA
La quarta teoria politica, NovaEuropa Edizioni, 2017.
L’ultima guerra dell’Isola del mondo, Aga Editrice, 2018.
Putin contro Putin, Aga Editrice, 2018.
Soggetto radicale. Teoria e fenomenologia, Aga Editrice, 2019.
Noomachìa. Rivolta contro il mondo postmoderno, Aga Editrice, 2020.
Platonismo Politico, Aga Editrice, 2020.
Etnosociologia, Aga Editrice, 2021.I Templari del proletariato, Aga Editrice, 2021.