LA SALUTE AI TEMPI DI SARS-COV-2. IL CASO LOMBARDO

di Amedeo Vittorio Bedini*

Urgente credo sia per noi – come persone, come cittadini – riflettere sulla catastrofe che stiamo vivendo in questo momento in Lombardia. Non possiamo permetterci di eludere interrogativi sulla drammatica concatenazione di eventi che ci fa oggi contare un numero impressionante di morti. Voglio a questi dedicare il presente contributo e rendere in particolar modo onore a chi, tra essi, ha accettato consapevolmente di percorrere strade che avrebbero potuto comportare -come poi è stato – il martirio.

Prima di addentrarci nella questione Coronavirus (o Sars-Cov-2, il nome ufficiale del virus), dovremmo cercare di non rimanere prigionieri dei nostri pregiudizi – di qualsivoglia motivazione – e di tentare addirittura di immedesimarci nei ruoli di coloro che, avendo compiti di responsabilità programmatica e gestionale, sono stati chiamati a compiere scelte urgenti per questioni inedite, innestatesi su criticità di sistema spesso non a loro imputabili.

La preparazione delle procedure di contrasto a Sars-Cov-2 e la conduzione dell’emergenza hanno inoltre sofferto fin dall’inizio per i contenuti delle tardive, incomplete e a volte fuorvianti informazioni rilasciate dalle autorità cinesi.

La difficilissima gestione della pandemia è stata certamente indebolita dall’inganno iniziale, accettato per fiducia, negligente acquiescenza, incompetenza – non mi esprimo al riguardo – dai deputati alla tutela della nostra salute, dal massimo livello, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), cui universalmente ci si riferisce nell’organizzazione delle politiche sanitarie, fino a quelli in prima linea.

L’Italia è stato il primo Paese occidentale colpito da Sars-Cov-2 e, in pratica, si è trovata ad affrontarlo dovendo acquisire pioneristicamente sul campo gran parte delle conoscenze sulla malattia, denominata ufficialmente Covid-19. Sicuramente si sono verificate criticità e sono stati commessi errori, ma preciso da subito che non su questi voglio indirizzare le prossime argomentazioni. Non prenderò quindi in esame se scelte gestionali, eventualmente riconducibili nell’alveo di direttive superiori (anche emanate da OMS) e prese in corso di pandemia, abbiano condotto a esiti nefasti. In tanti oggi si stanno esercitando in questo campo e non credo il mio contributo possa risultare particolarmente significativo.

L’interesse della mia indagine è piuttosto ricercare risposta, in un ambito poco o punto frequentato, ai quesiti: i risultati della lotta a Sars-Cov-2 e Covid-19 in Lombardia sono da imputare a: contingenze particolarmente sfavorevoli, a preesistenti deficit di sistema, a direttive locali in netto contrasto con principi consolidati di prassi o addirittura in contraddizione rispetto a previ pronunciamenti?

Mi ha spinto all’elaborazione di questo scritto il tentativo di alleviare la grave somatizzazione gastrica di cui ho cominciato da qualche tempo a soffrire. Ne ho riconosciuto le cause nell’irritazione che mi producevano le pletoriche somministrazioni quotidiane di alcuni tipi di notizie (ahimè la maggioranza).

Queste potevano illustrare, con toni trionfalistici, scelte di politica sanitaria che non riconoscevo negli insegnamenti che mi erano stati impartiti durante il corso di Igiene e Medicina Preventiva, materia di esame del mio 4° anno di Medicina, superato con un mediocre 25. Potevano ingenerare allarme per l’impatto grave della solitaria corsa di un runner, sull’ormai famoso “R0”, e nel contempo non informare dell’effetto devastante dei pronto soccorso non difesi. Altre notizie tambureggianti, come l’elencazione di numeri privi di alcun significato (tamponi? Si, ma a chi, a quante persone, in che periodo?), hanno non poco contribuito all’aggravamento dei miei sintomi.

Oltre un mese fa mi risolsi pertanto a elaborare alcuni contributi di “controinformazione”, che vi ho nel tempo somministrato. Ho voluto qui riassumere, in uno scritto finale, quelle che -secondo me – dovrebbero riconoscersi come le principali e fondanti cause della catastrofe lombarda, neppure percepite da moltissimi.

Ve le destino, confidando nel vostro apprezzamento. Così fosse, sarebbe mio piacere e desiderio che ciascuno di voi destinatari si rendesse parte attiva per la trasmissione di questo documento ad altri. Ognuno potrà liberamente utilizzare quanto ho scritto, in toto o in parte, senza alcun vincolo da parte mia.

Preciso che, per estendere le note successive, mi sono obbligato alla consultazione diretta delle fonti, ricercate in primis fra i documenti ufficiali. Con dispiacere mi sono dovuto addentrare più volte in una labirintica selva oscura che, con centinaia di “visto”, “considerato”, “recepito”, “richiamato”, “ritenuto”, “dato atto”, “vagliato” e “assunto” nascondeva il sentiero a chi -sprovveduto come me – fosse in animo di percorrerlo.

Invito chi mi legge a visitare almeno una delle voci di riferimento: sarà istruttivo per conoscere l’ambiente che ci hanno preparato i nostri governanti. Altrimenti, mi sono indirizzato a contributi di Istituti e Società Scientifici, Ordini Professionali. Mi sono risolto ad attingere dalla carta stampata informazioni di rilievo che non sarebbero state in alcun altro modo rintracciabili altrove.

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*Medico chirurgo. Dopo poli decennale esperienza presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano, ho concluso la carriera professionale come direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Ospedale San Gerardo di Monza.

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