EFFETTO CORONAVIRUS: CRESCITA DOMANDE REDDITO DI CITTADINANZA

Grossa attenzione sulla misura del Reddito/Pensione di cittadinanza. Di sicuro l’introduzione di questo strumento ha mitigato la posizione in cui si sarebbero trovati milioni di persone a causa del corona virus senza tale paracadute. Solo di mitigazione possiamo parlare visto che l’importo medio mensile erogato è pari a soli 513 euro. Il 66% dei nuclei percepisce un importo mensile inferiore a 600 euro e l’1% un importo mensile superiore a 1.200 euro.

L’osservatorio dell’INPS ha rilasciato i dati del primo trimestre 2020.

All’8 aprile 2020, 1,8 milioni di nuclei hanno presentato una domanda di Reddito/Pensione di Cittadinanza all’Inps: 1,2 milioni (68%) sono state accolte, 118 mila (6%) sono in lavorazione e 473 mila (26%) sono state respinte o cancellate (Grafico 1). Da aprile 2019 ad oggi 155 mila nuclei sono decaduti dal diritto. Le regioni del Sud e delle Isole, con oltre un milione di nuclei (56%), detengono il primato delle domande pervenute, seguite dalle regioni del Nord, con 500 mila nuclei (28%), e da quelle del Centro con 295 mila nuclei (16%)

Osservatorio Statistico INPS

Nell’analisi delle domande presentate si nota un piccolo balzo tra la fine del 2019 ed i primi tre mesi del 2020. Se il 2019, infatti, si è chiuso con un totale di 1.104.412 di nuclei assistiti, nei primi tre mesi del 2020 si raggiunge la quota di 1.146.144 di nuclei familiari. Molto probabilmente l’aumento della povertà è collegato ai primi effetti della pandemia e sicuramente il dato è destinato a toccare quote maggiori se la chiusura totale del paese continuerà nei prossimi mesi.

Ad oggi le maggiori domande di reddito di cittadinanza al Sud rispecchiano i dati della disoccupazione nel nostro paese. Nei prossimi mesi la forbice potrebbe essere meno evidente per effetto del blocco produttivo nel Nord se non colmato con altri istituti a sostegno del reddito come, ad esempio, la cassa integrazione. Anche per questo da più parti si invoca il varo di una misura d’urgenza temporanea che sostenga il reddito di chi non era disoccupato ma che a causa della pandemia ha dovuto sospendere la propria attività lavorativa.

Mentre infatti la grossa fetta di popolazione “storicamente” povera ha trovato una piccola zattera nella misura, parziale, del reddito di cittadinanza, molti lavoratori autonomi, le piccoli ditte artigiane, i tanti muratori, idraulici o elettricisti che riuscivano fino a poco tempo fà a superare con fatica ma dignitosamente la sfida del reddito oggi si trovano completamente a secco e molti di loro senza neanche poter sperare nei 600 euro destinati alle cosiddette “partite iva”.

Ancora una volta, in questo triste frangente, non si può non segnalare la tempestività in tutta Italia delle associazioni e dei movimenti che, in assenza di qualsiasi risposta istituzionale, sono riusciti a mettere una toppa ad una situazione che sarebbe potuta diventare disperata. Ancora una volta si sente la necessità di abbandonare un sistema basato su individualismo e competizione e riedificarlo sulle basi alternative della cooperazione e della comunità. Basi che si sono dimostrate certamente più efficaci e risolutive.

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