di Alessandro GAUDIO*
Ignorare o accantonare frettolosamente il problema della fine del mondo − diceva Ernesto De Martino nel 1964 − può comportare già di per sé soluzioni negative per l’intera umanità. Se, per un verso, il mondo non deve finire, per un altro verso, esso può finire. Non tanto per una catastrofe cosmica che renda inabitabile il pianeta, bensì per la perdita dei valori intersoggettivi della vita umana.
I fatti di queste settimane indurrebbero a pensare che una catastrofe cosmica stia, in effetti, mettendo a repentaglio la nostra civiltà. Ma non si potrebbe invece pensare che questa epidemia non sia che la manifestazione estrema del crollo irrimediabile di ciò che sempre De Martino aveva chiamato ethos del trascendimento? E d’altronde che una simile possibilità non fosse poi così remota si poteva intuirlo leggendo Sartre e Moravia, se non Freud e Spengler.
Insomma, il coronavirus, non diversamente da altri eventi tragici del passato come Hiroshima e i campi di sterminio, sta mettendo in causa in modo radicale il mondo e, con esso, quelle idee di libertà, di sanità, di giustizia che credevamo inderogabili. Potrà bastare per mobilitare il nostro ethos culturale e rendere la terra più abitabile per tutti? La nostra sensibilità starà cogliendo il rischio della fine? Essendo costretti a porre in termini elementari il nostro stesso rapporto col mondo, saremo in grado di comprendere meglio la crisi del nostro modello di sviluppo, il nostro vivere addormentati nelle abitudini? Non potendo più toccarci o abbracciarci, per evitare il contagio, la malattia, la morte, capiremo forse che la vita è tutta nel legame con la nostra patria culturale e che, se esso si riduce all’inverosimile o si interrompe del tutto, viene meno la nostra stessa capacità di operare nel mondo? Per quanto siamo egoisticamente annodati a noi stessi, stiamo forse capendo che la vita è ciò che si tocca e che una patria culturale troppo esigua, allorché include soltanto noi stessi e i nostri interessi, non è più adeguata all’unitarietà, ricca di prospettive differenti, del pianeta Terra? Solo rispondendo affermativamente a tali quesiti, attraverso la prospettiva della fine potremo magari prepararci al mondo di domani.
Torre della Signora, 10 marzo 2020
* R.A.S.P.A. (Rete Autonoma Sibaritide e Pollino per l’Autotutela)