Comitato di Quartiere Tufello

DIRITTO ALLA CITTA’ RIBELLE

contributo tratto da: romalevante.info

La redazione di Levante con l’intervista al Comitato di quartiere del Tufello da avvio ad un ciclo di articoli alla scoperta dei Comitati di quartiere contro gli sfratti nelle case popolari. Come abbiamo descritto nell’articolo precedente, nel quadrante est della città non solo sono presenti la maggior parte degli agglomerati delle case popolari del Comune di Roma ma i suoi abitanti sono in credito con le amministrazioni per mancanza di servizi e infrastrutture adeguate a vivere una vita di qualità e necessarie alla mobilità sociale. Come spiegano bene gli attivisti del Comitato del Tufello, una delle risorse da salvaguardare nelle borgate è la comunità, quella in cui “ci aiutiamo sopperendo alle mancanze delle istituzioni”. Un aiuto a fare la spesa, ad aggiustare una tubatura, a tenere i figli per qualche ora, non si trova in quartieri qualsiasi e per gli abitanti del Tufello tutto questo è una forza contro l’individualismo, l’atomizzazione e soprattutto per la solidarietà.

Come è nato il comitato di quartiere?

Il Comitato di quartiere del Tufello si è costituito all’indomani del decreto Renzi-Lupi. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto: dobbiamo costituire un comitato. Visto che partivamo dal niente, la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di recuperare dei lenzuoli per farci le nostre bandiere. Da qui è iniziato un tam tam nel quartiere per farci riconoscere come Comitato e mettere al corrente la gente di quello che stava accadendo. La prima assemblea che abbiamo fatto è stata partecipatissima. Al centro sociale Astra c’erano le persone che arrivavano fino a fuori e ci siamo dovuti mettere sulla strada perché non c’entravamo tutti. Inoltre, abbiamo stampato dei vademecum e abbiamo uno sportello dove accogliamo le persone per aiutarle con gli aspetti burocratici e legali.

Cosa avete dovuto affrontare in questi anni?

Abbiamo cercato di diffondere la solidarietà nel quartiere e siamo stati presenti ad alcuni sfratti e sgomberi non solo nel nostro quartiere. Nel nostro piccolo abbiamo cercato di sostenere anche altre famiglie. Ultimamente abbiamo sostenuto G. e C. che hanno subito un tentativo di sgombero con sequestro preventivo. Siamo riusciti ad evitarlo tutti insieme facendoli nominare custodi dell’appartamento. Abbiamo organizzato una cena di solidarietà per condividere con più gente possibile la loro storia. Abbiamo proiettato anche un documentario sulla lotta per la casa a Roma dal 1964 al 1985 per far vedere, anche ai più giovani, quale è stata la storia delle case popolari nella città.

Siete soddisfatti del lavoro che avete fatto?

Da quando ci siamo costituiti la partecipazione al Comitato ovviamente non è stata come nella primissima assemblea ed è rimasto uno zoccolo duro. Spesso sui gruppi Whats App le persone “alzano i pollici” per esprimere la loro approvazione sulle iniziative che facciamo. Noi, invece, vorremmo una partecipazione concreta e questo è un limite degli abitanti tanto quanto nostro. Inoltre, da settembre stiamo cambiando le nostre modalità di presenza sul territorio perché abbiamo capito che molte delle persone che abitano in questo quartiere, ma credo che questo valga anche per altre borgate, credono ancora che ci siano santi in paradiso. Questo tipo di atteggiamento ha leso la solidarietà del quartiere e noi abbiamo deciso di rompere questo muro, lavorare sulla solidarietà che già esiste e rafforzarla perché è l’unico modo per evitare più sgomberi possibili. Creare una comunità umana resistente che vada dagli sfratti ai problemi che le persone vivono. Ci siamo dati un calendario di iniziative e di narrazione ma anche di aiuto materiale.

Secondo voi è passata anche nel vostro quartiere questa retorica sugli abusivi e gli scrocconi?

Noi abbiamo a che fare con donne anziane che vivono da sole, coppie giovani con figli, coppie di anziani con problemi seri di salute con una pensione minima di 320 euro. I cosiddetti scrocconi che vogliono fregare i posti in graduatoria sarebbero questi. In parte ci siamo riusciti a ribaltare questa retorica anche rispetto al Municipio. Li abbiamo fatti venire nelle case popolari a vedere con i loro occhi chi sono questi abusivi. C’è coscienza tra gli abitanti delle case popolari che l’amministrazione non ha semplicemente mal gestito ma ha abbandonato il quartiere. L’esempio è quello di G. che per quarant’anni ha pagato l’affitto di una casa che non era abitabile però Ater non si è mai posta il problema di questi soldi che arrivavano. Anzi lo ha permesso a quelle condizioni. Le manutenzioni ordinarie e straordinarie sono una tragedia, dagli alberi che cadono alle infiltrazioni. Perciò crediamo che la retorica non sia passata qua da noi. Sono pure usciti gli articoli che dicevano che erano le istituzioni stesse a vendersi i posti in graduatoria. Chi sono gli abusivi? Di che stiamo a parlà? Se c’è qualcuno che si vende le case, che si vende i posti in graduatoria va denunciato dal basso. Va smembrato sto sistema a partire da noi, perché la Raggi e chi per lei parla degli abusivi ma non si riferisce a questi soggetti, a questi soggetti intermedi che hanno i soldini e ne vogliono ancora, ma si riferisce a noi che soldi non ne abbiamo.

Come vivono gli abitanti delle case popolari del Tufello?

Questi sono tempi duri per tutti e le difficoltà sono diffuse ma vi assicuro che le case popolari non sono quelle che descrivono in televisione. Esiste una solidarietà che va valorizzata, va fatta emergere, va politicizzata. Questo non lo fanno passare perché le case popolari sono del popolo che vive nelle case popolari e le fa vivere. Io sono un’infermiera. Vado a fare i prelievi alla signora V. che vive all’ultimo piano e non può fare le scale e bado alle vecchiette di tutto il quartiere. Di questo meccanismo me ne ha dato conferma P. La signora P. è una delle tante storie di questo quartiere. Storie di sgomberi fatti anche male, con violenza. Dopo lo sgombero si è presentato un benefattore che ha sentito la storia di P., si è commosso e l’ha aiutata. Ma quando ora sento P. lei mi dice: “io sono grata, adesso ho una casa ma sono sola. Prima c’era chi mi andava a prendere le medicine quando ne avevo bisogno e potevo scambiare una chiacchiera con i vicini.” Questi sono anche i meccanismi che vanno difesi oltre alla casa in sé e ai beni primari. La vita del quartiere. Parliamo di una lotta alla dignità, al sistema vita di una persona, nella quale non ci sta solo il bene primario. Una persona che vive per quarant’anni in un posto non si può sradicare dall’oggi al domani dal suo territorio. Che sono una pecora? Che basta che mi dai due fili d’erba e sto bene? Noi ci stiamo occupando dei problemi delle case popolari ma è un ambito che si muove all’interno del più grande concetto di vita delle persone. Non è che possono stare bene solo i ricchi qua. Non vogliamo solo sopravvivere. Vogliamo salvaguardare la nostra vita.

Avete ricevuto degli attacchi a questo sistema di vita e solidarietà di quartiere?

Faccio un esempio: A. ha adottato due bambini e non avendoci una casa assegnata è stata minacciata dagli assistenti sociali che gli levavano i bambini. Altre famiglie non si autodenunciano come occupanti perché hanno paura per i figli. Quando c’è uno sgombero che fanno? Le madri e i figli li mandano in casa famiglia e gli uomini vanno a dormire in macchina. Questo è lo smembramento della famiglia. Questo è quello che vuole lo Stato? Parlano del Family Day, della famiglia, si riempiono la bocca de ste stronzate e poi lo Stato la famiglia con il reddito la difende, quella senza reddito deve morì. Anche gli assistenti sociali si devono fare due domande. Portano avanti una strategia del terrore. Ma anche i vigili urbani si danno questa aria di potere quando vengono a sgomberare, ma come si fa? Quando li prendi singolarmente poi sono delle pecorelle. Rifiutatevi di applicare le leggi ingiuste se avete una dignità. Loro quando stanno insieme si sentono forti noi allo stesso modo dobbiamo stare uniti. Sulle nostre magliette c’è scritto “Da soli siamo un bersaglio, insieme siamo una barricata” e così è.

Chi non rispetta le regole non si merita di avere una famiglia sembrerebbe…

Guarda il disegno di legge Pillon dice tutto. Questo disegno di legge cambia le regole sull’affido, prevede in pratica che se tu non sei titolare di una casa e sei separato avrai dei problemi seri. La criminalizzazione degli abusivi impatta con tutta una serie di diritti come questo. Se approvano la legge l’affido si fa così, chi non ha una casa non ha diritto ad avere i figli. Qui non ci stanno le famiglie del mulino bianco e le famiglie si separano, hanno i problemi. Per questo motivo noi non ci difendiamo solo dagli sgomberi e dagli sfratti noi siamo propositivi: vogliamo la sanatoria, non ci sono soluzioni intermedie. È dal 2006 che non si fa una sanatoria, ora è il momento. La sanatoria apre tutto uno scenario legato a tutti quei diritti legati alla casa. Ti sei tenuto (le istituzioni, N.d.a.) i soldi della Gescal, non investi sulle case popolari, né nella manutenzione, né nella costruzione, né nella gestione di tutta una serie di case sfitte che ci stanno, ti vendi il posto in graduatoria, fai quello che ti pare, ti tieni i nostri soldi nascosti e non li usi e in tutto questo non mi sani quelli che hanno diritto? Vogliamo la sanatoria perché la gente non può avere gli incubi che gli arrivano a sgomberare casa oppure che si chiede come fare perché si sono separati e gli levano i figli.

Perché, secondo voi, questo Comune e questo Governo si stanno accanendo sugli abitanti delle case popolari?

Per quanto riguarda questo quartiere non facciamo delle supposizioni sappiamo bene di cosa parliamo. Perché se ci sono le case vuote e devono buttare fuori le famiglie , di che hanno bisogno? Questo è un disegno chiaro. Se tu stai svuotando le case popolari piano piano e muri le porte, vuol dire che quando il 50% della palazzina te la sei venduta e l’altro 50% è vuota, quella parte è appetibile. Siccome non siamo imbecilli questo l’abbiamo capito. Il Comune vuole sanare le sue casse vendendosi le case popolari, questo vuole fare. L’economia di Roma si basa sul mattone e chi detiene l’edilizia c’ha pure i giornali e quindi fanno propaganda contro di noi. Prendi Il Tempo che è di Bonifati, il Messaggero che è il primo quotidiano di Roma, è di Caltagirone. Questi sono tutti palazzinari. Da Rutelli alla Raggi non è cambiato niente stanno tutti sotto le palle dei palazzinari. Qui al Tufello hanno aperto la metropolitana, abbiamo a 10 minuti la Roma – Firenze, a un quarto d’ora la Roma – Napoli, stiamo a 10 minuti dalla stazione Tiburtina. Siamo un piano appetibile. E’ la storia che si ripete come a Campo de’ Fiori.

Print Friendly, PDF & Email