Unical, regole ed ethos della Comunità accademica

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 (di Walter Nocito e Silvio Gambino, Docenti Unical)

In data 19 giugno 2017, all’Unical, è accaduto un evento significativo. Al momento, gli Organi Accademici dell’Ateneo non hanno ritenuto di dover esplicitare commenti o valutazioni. Gli ‘old media’ e i ‘new media’ hanno prestato limitata attenzione ai fatti e ai loro significati espliciti e impliciti. La sola CGIL ha manifestato indignazione per la “blindatura dell’Ateneo”.

Per chi scrive, una Comunità Accademica, che da secoli si ispira ai principi dell’autogoverno e della libertà di pensiero, non può restare in silenzio. Gli Organi dell’autonomia universitaria non possono non intervenire sul tema a difesa della comunità degli studenti, dei docenti e del personale tecnico-amministrativo.

Ai limitati fini di questa nota, le cariche della polizia (del 19 giugno 2017) non rilevano in sé e per sé ma per il significato che esse esprimono e cioè per la penetrazione dell’“ordine pubblico” all’interno delle mura simboliche dell’Università, al di fuori di una ragionevole proporzionalità fra le esigenze della prevenzione e le esigenze (appunto) della sicurezza.

Ognuno può pensarla come vuole, ma un esercizio di memoria, e di conoscenza, è comunque utile per tutti. E’ utile per gli studenti, è utile per i docenti, è utile per il personale, è utile per gli Organi accademici, è utile per gli opinionisti e i parlamentari che assistono a varie iniziative nelle aule universitarie, è utile infine per gli ‘old media’ e per i ‘new media’ che descrivono, ad abundantiam, i fatti che accadono nelle Aule universitarie anche dell’Unical.

Un esercizio di memoria e di conoscenza dovrebbe considerare la legislazione dello Stato sull’università ma anche il modello accademico secolare che ha regolato la vita all’interno degli Atenei.

In questa prospettiva, è utile conoscere la legge Gelmini? è utile conoscere la legge Ruberti? è utile conoscere lo Statuto d’Ateneo dell’Unical? è utile conoscere il Codice etico dell’Unical? Probabilmente la conoscenza di questi atti normativi non è tanto utile ai nostri fini quanto la conoscenza dell’“Authentica Habita”, di Federico I Barbarossa.

La “Authentica Habita” è stata promulgata dall’Imperatore Barbarossa per la Universitas di Bologna negli anni 1155-1158 (datazione incerta). Essa è più nota come “Privilegium Scholasticum” e senza dubbio costituisce l’atto destinato a segnare l’esercizio dell’autonomia universitaria nella Università di Bologna come in tutte le altre Università medievali.

Come ci ricorda Maurizio Matteuzzi “questo privilegium dato agli studenti bolognesi, ma subito esteso alle università di tutto il mondo, viene aggiunto alle legge giustinianee. Assurge cioè, da ordinamento giuridico, a legge sacra” (cfr. “Polizia all’università di Bologna: speriamo di tornare al Medioevo”, in Il Manifesto, 27 marzo 2016). Solo qualche mese fa, il collega Maurizio Matteuzzi, filosofo sempre lucido nelle sue analisi sulla vita politica e universitaria (per lui, come per noi, mai scindibili), ha ricordato che l’impianto del “Privilegium/Authentica Habita” si aggiungeva al Codice giuridico per eccellenza (quello romano di Giustiniano) e prevedeva precise e variegate garanzie per i docenti e per gli studenti universitari dell’Impero (era lo Jus pubblicum aeuropeum).

In buona sostanza, “la promulgazione del Privilegium fu il frutto di un’azione di solidarietà tra studenti e maestri … per cui nonostante la stretta relazione con l’ambiente universitario bolognese, l’atto deve essere valutato come un provvedimento di portata generale … esso assurge allo status di modello normativo per tutta la legislazione successiva in materia di diritti e privilegi concessi a studenti e professori” (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Authentica_Habita).

Sulla base del “Privilegium Scholasticum” il secolare modello accademico europeo  ha sviluppato – per nove secoli – il divieto non scritto di intervento delle forze dell’ordine nelle Accademie, e “l’autonomia condivisa da studenti e docenti”.

Se per quasi dieci secoli è stato così, salvo episodi molto limitati, il nostro timore è che oggi le cariche della polizia significhino che qualcosa è cambiato. Dentro l’Unical come dentro gli altri Atenei pubblici. E il cambiamento, purtroppo, non è un ritorno al Medioevo!

Se si da per vivo e ancora vigente un ethos accademico che segua la storia, la tradizione e lo ius che nella tradizione è depositato, chi scrive auspica che quella attuale sia una fase temporanea e reversibile per la Comunità universitaria (la quale – si sottolinea – è in primis “comunità di persone”, “formazione sociale”, ovvero … è comunità educante).

In buona sostanza, chi scrive spera che le cariche della polizia non significhino un definitivo cambio di regime per l’Università (nella direzione di modelli di democrazia intesi come sorveglianza e controllo).

In altri termini, chi scrive spera che il cambio di regime nella vita universitaria non comporti il superamento del modello delle (libere) Accademie, che devono continuare a vivere secondo il modello humboldtiano, nel quale modello l’università deve coniugare ricerca e didattica nel nome del progresso della Nazione (per formare l’élite nazionale e le garanzie della cittadinanza). Contemporaneamente, in tale modello l’Università deve assicurare la “biodiversità” e la “sostenibilità” della ricerca, dell’insegnamento e dell’apprendimento, cioè della trasmissione con metodo critico del sapere, nella prospettiva delle esigenze poste dalla cd “università di massa”.

Se dunque diamo per vivo e vigente un ethos accademico, è auspicabile un solerte intervento degli Organi Accademici dell’Unical, e del Senato in primis, non per i fatti accaduti, ma per il significato che gli stessi esprimono ed evidenziano alla luce di quanto sopra richiamato.

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