Stadio San Vito – “Marulla”: Cosenza – Foggia. Una giornata colorata e calorosa nonostante il maltempo. Una partita importante non tanto per il risultato dei rossoblù, da partita un ninni frica nente, come cantano gli ultrà, ma per il messaggio dato ad un calcio ormai spento, appiattito sul business e ossessionato dalla sicurezza.
Ci vuole il documento per comprare il biglietto e quindi, se non vuoi perderti i primi minuti della partita, devi andare almeno il giorno prima ad acquistarlo. Poi ti rechi al campo e ti metti in fila, se non hai avuto l’accortezza di arrivare almeno con un’ora di anticipo, per superare il primo muro che si chiama pre-filtraggio. Un’inferriata alta a cui manca solo il filo spianato. Cacci fuori dalla tasca il biglietto, riprendi il documento che viene visionato da uno steward e vieni “scaliato”, guai ai possessori di un ombrello con la punta o di una bottiglietta d’acqua con il tappo. Ma non finisce qui. Entri e trovi ad aspettarti un’altra prova; il tornello. Riprendi il biglietto, lo giri nel verso giusto per infilarlo sotto lo scanner mentre una telecamera riprende tutta l’azione. Alla fine sei dentro ma è chiaro che, se non fosse la passione a spingerti, avresti mollato già da tempo e saresti tornato difilato a casa imprecando a destra e a manca. Ma questo è un altro discorso!
Dicevamo, una partita particolare. La società Cosenza Calcio ha deciso di invitare i tanti rifugiati ed immigrati che vivono nella nostra provincia aprendo le porte a tutte quelle associazioni e movimenti che vivono quotidianamente i concetti di solidarietà ed antirazzismo. Tutto ciò in un momento in cui le curve si riempiono di simboli fascisti e di saluti romani fatti da idioti che fischiano ogni qual volta prende il pallone nu “nivuru”. Cosenza, come da tradizione, fa contro-tendenza dimostrandosi ancora una volta accogliente ed aperta.
Welcome Refugees è la scritta che compare mentre si srotola uno dei tanti striscioni che colorano lo stadio e il tifo si riappropria del motivo e delle parole della nota canzone partigiana “Bella Ciao” – è il giorno prima della festa della liberazione – per far capire, a chi non lo avesse ancora capito, a chi volesse infettare con le sue idee razziste il capoluogo bruzio, che a Cosenza non c’è spazio per l’idiozia. Cè da stare attenti però, questa etichetta di città aperta non può trasformarsi in un semplice slogan da recitare a comando o una bandiera da sventolare nelle occasioni importanti, non è un dato acquisito una volta per tutte, ma un compito perenne, una staffetta intergenerazionale, uno sforzo pedagogico e culturale. Non c’è da stare allegri quando sui social si usano toni grotteschi contro questa o quella “minoranza etnica”, quando ci si fa un merito nell’aver risolto il “problema” del campo Rom attraverso una semi-deportazione, quando si fa campagna elettorale utilizzando idee leghiste contro chi è più “meridionale” di noi, quando nei quartieri si gioca a mettere il povero contro il più povero. Per fortuna si tratta solo di qualche politico demente sostenuto da una chiassosa e virtuale minoranza da social smentita quotidianamente dall’azione reale di tante associazioni e movimenti, laici e cattolici, che ci mostrano il vero volto di Cosenza.
Le ex Officine delle Ferrovie della Calabria, le occupazioni di Prendocasa, le Scuole Popolari di Italiano, gli Sportelli per il diritto all’abitare, gli Sportelli Legali e…..quella magnifica festa multiculturale che è la Fiera di San Giuseppe. Grazie allora al Cosenza Calcio che ieri, vigilia della sconfitta del fascimo in Italia, ci ha ricordato chi siamo e da dove veniamo e sporattutto quello a cui siamo chiamati: Violenza No, Razzismo No, Tifo Sì. BENVENUTI!!!
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