LIBERI E PENSANTI. IL NOSTRO PIANO TARANTO PER ANDARE OLTRE L’ILVA

Il 6 settembre del 2018 con la firma dell’accordo con Arcelor Mittal il sindacato ha consegnato il colosso ex Ilva ai suoi nuovi gestori. A nulla è servito metterli in guardia su chi fossero realmente gli indiani, primi produttori di acciaio al mondo, sulle reali intenzioni e sul loro modo di fare impresa in giro per il mondo.

A più riprese, all’interno e all’esterno della fabbrica, abbiamo urlato che Mittal sarebbe venuto a prendere quote di mercato e che non avrebbe investito un solo centesimo nella tanto decantata, da politica e sindacati, quanto impossibile “ambientalizzazione”. In quei giorni siamo stati definiti nei modi peggiori, colpevoli, per chi oggi protesta, di disfattismo e sciacallaggio. Non proviamo nessun piacere nel constatare che tutto è andato come avevamo annunciato, piuttosto siamo consapevoli che si sono persi quasi due anni e che cittadini e operai hanno dovuto respirare altro veleno a causa delle scelte di politici e sindacalisti incapaci di vedere un futuro diverso per questa terra.

Da sempre i rappresentanti dei lavoratori ripetono che non esiste un “piano b”, che, chiuso lo stabilimento, ci sarà un disastro economico e sociale per l’intera provincia jonica.
Gli stessi attori che a Genova hanno premuto per fermare l’area a caldo siglando un accordo di programma quando dicono che non c’è alternativa ad un Ilva marciante mentono o meglio fanno finta di non sapere che un alternativa esiste. Una scusa che da sempre politica e sindacato usano per giustificare la loro impotenza e la loro mala fede relativamente alla questione Ilva ignorando che, in ogni dove, da ultimo al caro premier Conte, è stato presentato un piano contenente delle linee guida per la riconversione dell’intero territorio ionico, denominato PIANO TARANTO e elaborato a più mani da associazioni, un sindacato di base e cittadini.

Da dove nasce PIANO TARANTO? Forse è bene ricordare che andare oltre l’acciaio e oltre l’ILVA – conservando occupazione e reddito – è stato un bisogno primario proprio per i lavoratori che già dal 2015 studiarono l’Accordo di programma di Genova che portò alla chiusura dell’area a caldo. Così come è bene ricordare che i sindacati confederali, hanno SEMPRE rifiutato un confronto sul tema definendo Piano Taranto un libro dei sogni – nella migliore delle ipotesi – o un contenitore vuoto. Sfidiamo chiunque a leggerlo e a dire che sia irrealizzabile, perché a differenza degli accordi siglati con l’imprenditore di turno ciò che abbiamo messo nero su bianco è perfettamente possibile, senza dimenticare che non è compito di cittadini e lavoratori trovare le soluzioni ma di politica e sindacato.

Oggi i sindacati lamentano l’assenza totale della manutenzione (ordinaria e straordinaria), il blocco dei lavori AIA, il comportamento anti sindacale di Arcelor Mittal senza però far nulla di concreto contro il padrone (che ricordiamo essere anche il Governo italiano). Ci chiediamo da sempre perché i sindacati non blocchino gli impianti, cosa temano e quali interessi debbano proteggere.

Dimostrino un minimo di dignità, dimostrino di saper fare sindacato e tutelare realmente tutti i lavoratori, perché, è utile ricordare, che in Ilva, buona parte dei lavoratori non sono sindacalizzati ma subiscono le decisioni scellerate di chi si siede ai tavoli e sottoscrive accordi ignobili.

Cogliamo anche l’occasione per ricordare al Sindaco di Taranto quanto da lui dichiarato, è arrivato il momento che sia lui a chiamare a raccolta la cittadinanza per pretendere la chiusura definitiva dello stabilimento e un futuro diverso per la nostra città.

Cittadini e lavoratori liberi e pensanti – Taranto

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