SILVIA ROMANO: GEOPOLITICA DI UN RAPIMENTO

di Dario Oropallo*

pubblichiamo il primo contributo di Dario all’interno del progetto malanovista. Il primo di una lunga serie del nuovo redattore ed attivista campano!

Silvia Romano è una volontaria, impegnata in uno dei progetti curati dalla onlus Africa Milele come educatrice per minori, presso il villaggio di Chakama. Situato sulla costa orientale del paese, è lì che si trovava il 20 novembre 2018 quando un commando di tre uomini di Al-Shabaab la rapì.

Al-Shabaab è un gruppo terroristico somalo che, soprattutto a ridosso degli anni ’10, ha ricoperto un ruolo di primo piano nella guerra civile e nella politica del paese. L’organizzazione operava e continua ad agire sia nel sud della Somalia, in particolare nella capitale Mogadiscio, e nelle campagne adiacenti il confine somalo-keniota. La scelta di agire anche in Kenya, per Al-Shabaab, ha quindi un valore propagandistico e opportunistico: il paese è tra i più importanti della regione dell’Africa orientale, è meta anche del turismo internazionale e vi hanno sede agenzie stampa internazionali come Al-Jazeera e la CNN. Anche se quiescente negli ultimi anni, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 Al-Shabaab pare aver ripreso vigore con una serie di attacchi terroristici – il maggiore dei quali ha provocato, il 28 dicembre 2019, 82 vittime a Mogadiscio.

Uno dei motivi che aveva spinto Al-Shabaab alla quiescenza è la maggiore stabilità del governo somalo. Una maggiore stabilita che, però, cela dietro di sé gli interessi geopolitici di alcuni dei principali stati del Medio Oriente.

Negli ultimi anni, per motivi storici, politici e religiosi, la Somalia ha potuto avvalersi dell’aiuto e del sostegno della Turchia, del Qatar e dei Fratelli Musulmani. Gli ottimi rapporti con Ankara sono, in queste ore, ricordati anche da altre testate italiane: è dal 2011, quando Recep Tayyip Erdoğan intervenne a sostegno del paese durante una riunione delle Nazioni Unite, che la Turchia e le sue aziende si sono progressivamente avvicinate al paese del Corno d’Africa, richiamando l’eredità ottomana e investendo milioni in infrastrutture, servizi militari e logistici. Il Qatar, già tra i principali partner della Turchia, ha dovuto parzialmente ridimensionare il suo ruolo internazionale a causa della crisi che lo ha colpito nel 2017 e all’embargo imposto dagli Emirati Arabi Uniti. Ciò nonostante uno dei primi atti pubblici dell’attuale presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed, espresso dal partito liberale Tayo, è stato il restare neutrale nei confronti dell’embargo – anche a fronte del rifiuto di offerte milionarie da parte delle potenze del golfo. Infine l’influenza dei Fratelli Musulmani, ai quali fa capo il principale partito politico somalo, il Union for Peace and Development Party, che aveva espresso il predecessore dell’attuale presidente, Hassan Sheikh Mohamud.

La scelta di rivolgersi all’intelligence turca è riconducibile agli ottimi rapporti che legano Ankara e Roma e al presenzialismo di Ankara in Somalia. La riuscita liberazione costituisce un importante punto a favore del partner turco, che riconferma la sua posizione di vantaggio nel Corno d’Africa, rafforza le politiche ottomane di Erdoğan e, soprattutto, cementifica ulteriormente i già ottimi rapporti con l’Italia. Relazioni che, spostando lo sguardo sullo scacchiere maghrebino, avranno un peso importante nel sostenere il governo di accordo nazionale libico e il suo leader, Fayez al-Sarrāj. Il fronte libico ha visto un nuovo inasprirsi delle ostilità dopo una breve tregua, determinata dal diffondersi della pandemia del covid-19.

*Redazione Malanova

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