GIORNATA MONDIALE STOP 5G. UNA GRANDE CATENA UMANA CONTRO L’ELETTROSMOG

Dopo oltre un anno di iniziative anche in sedi istituzionali, dopo le 45.000 firme raccolte on-line, dopo la Risoluzione di Vicovaro, la doppia mobilitazione nazionale (Giugno 2019), e la prima manifestazione nazionale davanti Montecitorio culminata nel convegno internazionale per la moratoria tenuto alla Camera dei Deputati con la partecipazione di relatori di fama mondiale (Novembre 2019), in 131 Comuni d’Italia sono stati approvati atti per la precauzione, la moratoria e la protezione della salute pubblica, emanate da 28 sindaci ordinanze urgenti per bloccare il wireless di quinta generazione in altrettanti municipi dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, mentre 5 Comuni hanno approvato lo stanziamento di fondi pubblici per co-finanziare studi indipendenti sugli effetti sanitari del 5G.

E adesso si mobilita la società civile.

Oggi 25 gennaio è la Giornata Mondiale Stop 5G.

Come in altri 29 paesi al mondo, l’Alleanza Italiana Stop 5G si mobilita per chiedere al Governo di fermare il 5G, pericoloso per umanità ed ecosistema. Eventi da Torino a Cagliari, da Bolzano a Lecce, cortei a Bologna e Perugia, convegno a Verona e nelle scuole di Caserta e Pescara, dove in una mostra d’arte si presenta una ricerca di laboratorio su insetti e 5G.

Raccolte in 204 paesi 172.395 firme (tra queste, quelle di 4.800 scienziati, 2.800 medici, 770 apicoltori e 2.000 organizzazioni ambientaliste) per chiedere all’Organizzazione Mondiale della Sanità, all’Organizzazione delle Nazioni Unite e ai governi nazionali di fermare una sperimentazione altamente rischiosa, recepito l’allarme della comunità medico-scientifica non conflitta da interessi con l’industria contraria all’Internet delle cose.

Nella stessa giornata, sono infatti previste manifestazioni in Australia, Belgio, Bermuda, Canada, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Ungheria, Grecia, Irlanda, Giappone, Kenya, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Portogallo, Romania, Serbia, Sudafrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.

L’obiettivo, nel resto del mondo come in Italia, è fermare il dispiegamento di milioni di nuove antenne terrestri 5G e il lancio in orbita di 50.000 satelliti nello spazio, richiesta per altro già inoltrata al Parlamento Europeo dall’Alleanza Italiana Stop 5G intervenuta a Bruxelles come portavoce dell’Alleanza Europea Stop 5G (Ottobre 2019).

Lottiamo all’unisono rivendicando un diritto costituzionale, in difesa della nostra salute e della nostra vita – afferma Maurizio Martucci, portavoce nazionale dell’Alleanza Italiana Stop 5G – ma anche di quella dei nostri figli e delle generazioni future, insieme alla vita di alberi, insetti, uccelli e animali. Perché il 5G è un vero e proprio attacco al pianeta, uno tsunami di radiofrequenze che non risparmierà niente e nessuno. Per questo la società civile consapevole si mobilita in Italia come nel resto del mondo, prima che sia troppo tardi. Sabato andrà in scena la più grande catena umana della storia contro l’elettrosmog: il problema ambientale non è solo nei cambiamenti climatici, fracking e materie plastiche negli oceani, ma anche nell’invasione sconsiderata d’elettrosmog programmata contro natura nel nome di un finto progresso. Dopo la sentenza del tribunale di Torino possiamo affermare che il wireless è una vera e propria emergenza sanitaria globale. Delittuoso far finta del contrario”.

Già circa due anni fa, una lettera aperta firmata da 170 scienziati di 37 paesi, tra cui l’Italia, aveva sollevato le motivate preoccupazioni. Gli esperti avvertono che l’arrivo della nuova rete causerebbe un aumento massiccio dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF), con la conseguente maggiore esposizione degli esseri umani ad un flusso di radiazioni non ionizzanti – definito anche elettrosmog – che non è privo di controindicazioni. “Devono essere condotti studi di impatto sanitario e ambientale seri e indipendenti prima di qualsiasi immissione sul mercato”, scrissero i 170 scienziati.

Il loro appello segue un altro richiamo del 2015, nel quale si chiedeva all’ONU e all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) di promuovere misure preventive per limitare l’esposizione alle onde elettromagnetiche. Le preoccupazioni, fino a qualche anno fa liquidate con un’alzata di spalle e portate avanti da pochi esperti, sono oggi una realtà conclamata.

Il passaggio discriminante è avvenuto nel 2011 con la classificazione da parte della IARC (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) delle radiofrequenze come “possibile cancerogeno” per l’uomo. La valutazione della IARC ha ammesso possibili effetti biologici, non soltanto termici, delle radiazioni non ionizzanti.

La lettera degli scienziati alle istituzioni europee raccomanda che tutti i paesi membri seguano la risoluzione 1815 del Consiglio d’Europa sui potenziali danni dei campi elettromagnetici e informino cittadini, insegnanti e medici sui rischi per la salute delle radiazioni RF-EMF.

Gli esperti avvertono che la progressiva diffusione del cosiddetto internet delle cose (IoT) porterà a creare dalle 10 alle 20 miliardi di nuove connessioni, incrementando l’esposizione umana all’elettrosmog in maniera esponenziale.

Con essa crescerebbero i rischi di cancro al cervello, morbo di Alzheimer, infertilità o sintomi di elettro-ipersensibilità (forte mal di testa, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno, stanchezza e sintomi simili a quelli dell’influenza).

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