‘NDRANGHETA: UN’ANALISI RAGIONATA SULL’ULTIMA “RELAZIONE SEMESTRALE DELLA DIA” (1)

Nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2019 si analizzano le risultanze investigative e giudiziarie intervenute restituendo, per quanto possibile, un quadro esaustivo del fenomeno mafioso in Italia.

Prenderemo particolarmente in esame il caso calabrese.  Le linee di tendenza dell’evoluzione della ‘ndrangheta rimangono costanti. Il quadro è quello di un’organizzazione sostanzialmente silente, dedita ad affari nei più svariati rami dell’economia legale ed illegale. La ‘ndrangheta rimane saldamente leader nei grandi traffici di droga, “settore” nel quale è un riferimento assoluto a livello internazionale.

Lavorare sotterraneamente senza fare troppo clamore è fondamentale per la ‘ndrangheta. Da un episodio raccontato da Gratteri alla Commissione Antimafia si evince che: “La ’ndrangheta mandò un emissario a Locri che disse a Cordì Antonio: «State attenti, perché quando voi sparate alle serrande, quando voi bruciate le macchine e quando voi terrorizzate gli avvocati e la gente, il popolo vi abbandona. E quando il popolo vi abbandona, vi alzate una mattina e avete perso quello che avete fatto in trent’anni».Questa è l’intercettazione più importante che io abbia mai ascoltato (ne ascolto migliaia). Questo vuol dire che la mafia esiste perché ha il consenso popolare. Altrimenti sarebbe criminalità organizzata, criminalità comune o gangsterismo, cose diverse e facilmente abbattibili”.

Questa la forza intrinseca che le viene direttamente dalla sua struttura “arcaica”, fondata ancora oggi su legami familiari, unita, però, ad una forte carica innovativa che la spinge a sperimentare su diversi livelli di attività. Fitta le rete relazionale sia con anologhe compagini criminali che con il “mondo di sopra” fatto di avvocati, banchieri, imprenditori, politici, amministratori.

Questo le consente di spadroneggiare nell’ambito di appalti e commesse pubbliche. Ma in realtà il punto centrale rimane l’attività del narcotraffico che la dota di risorse economiche importantissime con l’unico problema del riciclo e “lavaggio” di questi soldi sporchi attraverso l’utilizzo di canali legali in settori economici come la Grande Distribuzione Organizzata, l’edilizia, le grandi opere pubbliche, solo per citare i più grossi.

L’esempio più grossolano di riciclaggio lo fa nuovamente Gratteri prendendo in esame il settore dei supermercati:

“Immaginiamo un bacino di 50-60 chilometri quadrati con dentro 200.000 abitanti. Ci sono già quattro grossi supermercati più o meno normali, più o meno di gente pulita. A un certo punto, la ’ndrangheta decide di costruire il quinto supermercato con i soldi della cocaina. Come fà? Si fa prestare i soldi dalle banche o dalle finanziarie e lascia i propri conti in rosso. Quando il quinto supermercato va a regime, venderà a un punto o due in meno gli stessi prodotti del primo, del secondo, del terzo e del quarto supermercato. Quando il quinto va a regime, il primo, il secondo, il terzo e il quarto supermercato incominceranno a licenziare due, tre, cinque persone e chiuderanno i reparti, perché venderanno di meno”.

Questo perché alla ‘ndrangheta non interessano le vendite ma il margine, l’utile anche fittizio proveniente da falsi scontrini e false fatturazioni. In effetti questi grandi supermercati si contraddistinguono dalla presenza di 6, 10 o 15 casse di cui spessissimo sono realmente aperte due o tre. L’utile fittizio proveniente da queste compravendite fantasma è utilizzato proprio per dare una veste nuova, legale, ai denari provenienti in prevalenza dal mercato della droga.


Continua Gratteri: “Dopo sei o sette anni, da un’intercettazione ambientale o dalle indicazioni di un collaboratore di giustizia, riusciamo a dimostrare che il quinto supermercato è stato costruito con i soldi della cocaina. A quel punto, si sequestra il bene e si nomina un amministratore giudiziario.
Immediatamente questo quinto supermercato va in rosso, perché è fuori mercato. Non può più vendere a un punto o due punti in meno, perché il cordone ombelicale dei soldi della cocaina non c’è più e, quindi, l’amministratore sarà costretto a vendere l’attività o a chiudere”.

Proprio a questo serve il lavoro di infiltrazione nel settore imprenditoriale: consentire alla ‘ndrangheta di acquisire, direttamente o per tramite di prestanome, quote di partecipazione o di proprietà di attività commerciali o industriali apparentemente distanti dall’ambito criminale, “ottenendo il duplice effetto di riciclare i proventi illecitamente accumulati e, nel contempo, di acquisirne ulteriori attraverso i canali legali, arrivando anche a “scalare” le imprese fino a raggiungerne la titolarità”.

Spesso è lo stesso proprietario storico, vessato da un rapporto usuraio da cui non riesce più ad affrancarsi, a rimanere a capo dell’azienda ma mantenendone una titolarità fittizia e diventando di fatto un insospettabile dipendente delle cosche.

Dicevamo, organizzazione arcaica. Di fatto ovunque si creano locali di ‘ndrangheta – ed orami ci sono prove di una presenza in quasi tutte le regioni d’Italia e all’estero –  la ‘ndrangheta utilizza i vecchi schemi ed i vecchi rituali di affiliazione come testimonia di recente, ad esempio, il santino di San Michele Arcangelo parzialmente combusto, rinvenuto nella tasca del San Luchese ucciso a Duisburg nel 2007.

“Anche all’estero – continua la relazione – il riconoscimento identitario, fenomeno risalente sin dagli albori della ‘ndrangheta, non è mai stato abbandonato e non ci sarebbe analisi più sbagliata di quella che lo vede relegato a mero fenomeno folkloristico. Il senso di appartenenza, tenuto saldo dal prevalente carattere parentale, rende più coesa e stabile l’organizzazione e, come detto, crea consenso soprattutto in aree dove le condizioni socio-economiche vedono talune categorie di persone ai margini. Le consorterie criminali calabresi sono abili nel creare seguito soprattutto fra quelle persone in cerca di riscatto sociale, le cui condizioni di vita li spingono a schierarsi, piuttosto che con lo Stato (le cui risposte, talvolta imbrigliate da lungaggini e meccanismi burocratici, tendono ad essere incomplete, intempestive e comunque non satisfattive), con la ‘ndrangheta che, invece, apparentemente, crea ricchezza, risolve i problemi e non abbandona i suoi adepti. Si badi bene, però: si tratta di aspettative effimere e di breve durata, di cui sono ben consapevoli migliaia di vittime, molte delle quali, dopo aver intravisto possibilità di arricchimento attraverso l’interlocuzione con la ‘ndrangheta, hanno perso ben più di quello che avevano”.

-prima parte-

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