REPORT DELL’AUDIZIONE COBAS ALLA COMMISSIONE INDUSTRIA DEL SENATO

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

Il 7 maggio pomeriggio in Senato c/o la Commissione Industria si è svolta l’audizione informale di sindacati e Confindustria in merito “all’indagine conoscitiva su 7 tra le principali aree di crisi industriali“.

L’altro ieri, dopo l’area Savonese era all’odg quella Tarantina, presenti le OS Cgil-Cisl-Uil, Ugl, Usb e Confederazione Cobas, oltre ad un rappresentante del territorio; la Confindustria è stata audita separatamente.

La prima cosa da rimarcare è stata la scarsa presenza dei parlamentari, solo 8 su 24 componenti la Commissione (divenuti 6 prima della conclusione e, unica intervenuta, l’ex ministra delle Attività Produttive, Bellanova), nonostante l’importanza cruciale dell’argomento e le ipocrite e altisonanti dichiarazioni rilasciate di volta in volta davanti le telecamere da alcuni componenti, per poi disattendere l’impegno: un malcostume che ripropone le note sulla scarsa credibilità che godono le istituzioni.

Secondo poi, gli interventi formulati dai sindacati firmatari dell’accordo con Ancelor-Mittal.

Quelli della triplice, con D’Arcangelo/Cgil, Castellucci/Cisl e Turi/Uil, interessati esclusivamente al ritorno economico dei complici accordi Governo-Ancelor/Mittal-OS su l’ex Ilva, che oggi lamentano “di essere poco rispettati, mentre manca una cabina di regia e i controlli, che permettono ad Ancelor di disattendere le assunzioni ( ne mancano ancora 150 e 1700 cassintegrati sono in carico ai Commissari dell’Amministrazione Controllata) e di annunciare la riduzione della produzione” per ottimizzazione dei costi e della qualità”(?).

Quello dell’Ugl, sostenente “che di soldi nel territorio ne sono giunti abbastanza, ma sono stati spesi male…” e quello di Usb, che “causa l’Ilva, molte aziende sono andate fallite e l’occupazione langue…“.

Da parte di tutti costoro, non una parola su:

– La tragedia che vive Taranto, capofila italiana per malattie cancerogene

– il rione mortale di Tamburi con l’infanzia e la popolazione decimata

– sul danno permanente alla vita e alla salute dei tarantini “causa Ilva”

– lo sfregio alle vittime passate-presenti-future e alla città.

E’ stato questa la denuncia e il richiamo perentorio rivolto alla Commissione Industria e alle OS firmatarie dell’accordo con Ancelor-Mittal, posto con sdegno dal rappresentante dei Cobas Vincenzo Miliucci, che indicava nella “chiusura dell’Ilva, nella bonifica e riqualificazione dell’area, nella ricollocazione utile dei lavoratori in una dimensione vocata allo sviluppo agricolo-alimentare-turistico-culturale, la strada maestra per sanare e risarcire il territorio tarantino (già gravato da una pluralità di servitù inquinanti, oltre l’Ilva, l’Eni, la Belleli, i depositi radioattivi, l’Arsenale, la Base Nato, ecc.) “.

Miliucci prosegue: “né più, né meno, il giusto tributo dovuto alla popolazione tarantina obbligata a convivere con “L’ILVA FUNESTA”.

Con l’esposizione costante all’amianto, alle diossine, alle polveri sottili e ai metalli pesanti, che hanno causato solo negli ultimi 20 anni oltre 600 morti. Dove si manifestano il picco di tumori allo stomaco-fegato-pancreas-reni-vescica-prostata-encefalo, nella preminenza di malattie neurologiche e cardiovascolari: nel 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato Taranto “area ad elevato rischio ambientale”, mentre ISDE (medici per l’ambiente) nella Conferenza Nazionale sul Clima ha sostenuto che “Taranto è incompatibile con il diritto alla salute“; già nel 2012, la Valutazione d’Impatto Sanitario sull’Ilva faceva emergere che “quantunque completata la copertura dei parchi minerali ,previsti da AIA 2012, a Taranto rimarranno esposti a rischio cancerogeno 12.000 persone“.

L’Ilva è incompatibile con la vita, va chiusa!  Come del resto, le indagini e i processi della magistratura già sentenziavano. Mentre la politica complice continuava ad autorizzare il genocidio.

Ancora, nel settembre 2017, la “nuova Autorizzazione d’Impatto Ambientale (AIA)” autorizzava l’Ilva a produrre senza ostacoli e a uccidere impuniti come se nulla fosse accaduto, permettendo al subentrante Ancelor-Mittal di produrre (e di aumentare la produzione da 4,5Ton/anno a 6-10) alle stesse condizioni di 3°-4° mondo in cui si trova Taranto.

Produzione di “acciaio a basso costo”, capace di competere in un mercato dominato da multinazionali operanti in tutto il globo, solo alle condizioni di inquinamento permanente imposte a Taranto.

Del resto, ovunque si produca acciaio con “altiforni e cokerie” limitrofe alle città, il risultato è sempre lo stesso: inquinamento, malattie e morti.

Ma una alternativa al disgraziato accordo con Ancelor-Mittal c’era: quella di produrre in proprio Acciai Speciali tramite Forni Elettrici (finanziati da prestito Cassa Depositi e Prestiti), come si è fatto e si fa in gran parte del 1° e 2° mondo, abbattendo l’inquinamento del 95% (la Germania ha trasformato il territorio della Ruhr – il più grande produttore d’acciaio per le due guerre mondiali – in un grande parco-foresta attrezzati di 70 km).

In tal modo resta possibile impiegare metà dei lavoratori negli interventi per la dismissione-smantellamento immediati degli altiforni-cokerie, nella bonifica e messa in sicurezza dell’intera area, nella riqualificazione del territorio secondo le prospettive e i desideri concordati coi tarantini.

Per l’altra metà, il reimpiego possibile nella produzione di soli “acciai speciali”, più remunerativi e capaci di mantenere il know how.

Nell’ambito però di “quote acciaio certe per l’Italia in sede UE” (così da salvare Piombino e altri stabilimenti svenduti e chiusi), che i grandi colossi dell’acciaio (vedi Ancelor, ThyssenKrupp) si sono sempre rifiutati di fare, visto lo shopping in corso anche in Italia dove si comprano stabilimenti al solo scopo di acquisire il fatturato ed eleminare i concorrenti.

Peraltro, la spesa dovuta all’alto consumo elettrico per la produzione di acciai speciali con i forni, è compensabile con l’installazione di parchi fotovoltaici e eolici (non più Wind Days mortali, bensì benessere), progetti e impiantistica già sviluppati e in corso di realizzazione: è di questi giorni l’accordo tra uno dei più importanti gruppi siderurgici italiani, Duferdorfin Nucor, e il gruppo Fera, per la costruzione di impianti  e la fornitura a “prezzo prefissato valido per 7 anni, di energia eolica da utilizzare nelle acciaierie site il Lombardia”.

Miliucci conclude “è sempre un problema di volontà politica, di rispetto per la vita, per la salute, per il lavoro utile e la partecipazione attiva della popolazione“, auspicando che questa indagine non finisca ancora una volta in un nulla di fatto.

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