Emergenza migranti: Si fannu i C.A.S.si loro!!!

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La storia non insegna nulla! Non è bastato lo scandalo di Mafia Capitale dove cooperative più o meno rosse si sono alleate con terroristi neri per lucrare allegramente sulle vite di persone che fuggono dalle bombe per trovarsi nelle fauci delle iene. Non è bastata la denuncia degli attivisti che ha condotto alla chiusura di un CAS a Camigliatello che ospitava più di cento persone in condizioni da lager nazista. Non è bastata l’accampata di Piazza XI Settembre che chiedeva la fine della gestione emergenziale dei migranti per ritornare ad una normalità razionale ed ordinata che garantisca una vera accoglienza a persone già provate da drammi e tragedie. Purtroppo sospettiamo che il “codice rosso” rimanga acceso perché così conviene. Infatti è noto a tutti che l’estate è il tempo degli sbarchi mentre durante l’inverno il flusso si stabilizza fino a bloccarsi. Basterebbe allora una programmazione puntuale che renda possibile l’assorbimento dei picchi stagionali attraverso i canali ordinari, quelli che hanno dimostrato di essere incisivi, validi e funzionali all’integrazione di questi nostri fratelli sfortunati. Non dimentichiamo che la maggior parte di queste persone vengono dalla Siria dove si contendono il campo a suon di bombe e stragi Assad coaudiuvato dalla Russia di Putin, gli States a capo della coalizione sedicente “democratica” e l’ISIS (discorso a parte per i curdi). Altri provengono dalla Libia dove le incursioni dei democratici aerei francesi hanno fatto piombare quella regione nel caos ponendo fine alla gestione Gheddafi. Infine i migranti provenienti dall’Africa Sub-sahariana dove l’imperialismo prima ed il colonialismo predatorio dopo hanno lasciato il passo a guerre per l’accaparramento delle risorse petrolifere e minerarie.

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Dicevamo, quindi, un “codice rosso” utile a creare l’emergenza e con essa una sindrome fittizia da tempi stretti che consente la costituzione di CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) in alberghi falliti e strutture dismesse ed assegnati a cooperative fittizie, nate per l’occasione da sodalizi noti e spesso legati a cordate politiche e settori affaristici, con operatori privi delle necessarie professionalità. Prendi una struttura fatiscente e chiusa da tempo, mettici quattro materassi vecchi e due armadietti recuperati, ritira i circa trenta euro a migrante e l’affare è fatto.

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Sottolineamo fortemente che i famosi trenta euro tanto pubblicizzati dai media sono il “fatturato” delle cooperative e non lo stipendio dei migranti. Arrivando alla cronaca di questi giorni, apprendiamo da alcuni organi di stampa che il Sindaco di Rende Avv. Marcello Manna ha avuto un incontro in Prefettura e dall’interrogazione di Massimiliano De Rose, un altro avvocato questa volta di minoranza, che tale incontro sarebbe prodromico all’apertura di una struttura di accoglienza per circa 300 migranti nella frazione rendese di Saporito. Purtroppo l’esperienza ha dimostrato che il concentramento di tante persone in un unico posto è funzionale solo alla speculazione del privato imprenditore generando al contempo notevoli problemi di gestione e la diffidenza ed i malumori della cittadinanza, nonché,  cosa di fondamentale importanza, la ghettizzazione dei migranti stipati in una sorta di caserma/carcere inadeguata alla loro integrazione ed alla risoluzione dei loro problemi a volte anche di natura psichica visti gli scenari ed i drammi che hanno condizionato la loro esistenza. Altrove hanno sperimentato la gestione di piccoli gruppi di migranti generando un indotto nella comunità ed in alcuni casi rimediando allo spopolamento dei paesi, dei centri storici e addirittura evitando la soppressione di servizi fondamentali come le scuole. Allora ci rivolgiamo al Sindaco di Rende ed alla Prefettura invitandoli a non reiterare il solito “morrone” ops volevamo dire il solito “marrune” politico. Che si lavori nella direzione giusta, quella che ha già dimostrato di essere efficace e risolutiva nella gestione dell’accoglienza. Usciamo dall’emergenza generatrice di speculazione, ritorniamo all’ordinario.

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