1° Maggio: C’è CRISI, vallu cunta ad ancun’atru

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Il primo maggio non è una data che commemora il concertone romano ma un giorno legato alle lotte ed alle conquiste del movimento operaio. La ricorrenza, lanciata dalla Seconda Internazionale, venne istituita il 20 luglio 1889 a Parigi, aveva tra gli scopi quello di rafforzare la lotta per la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Per i “democratici” che dimenticano facilmente ricordiamo come durante il fascismo, nel 1923, la festa venne soppressa. Ritornò ad essere celebrata ufficialmente solo nel 1947, altra data tragica per i lavoratori, legata all’eccidio di Portella della Ginestra. Purroppo, oggi è divenuta una data edulcorata, privata della drammaticità della lotta e del sacrificio di tante vite umane spese per la conquista dei diritti. Grazie all’attitudine meramente concertatoria e blandamente riformista dei nostri sindacati ci troviamo in una fase di arretramento dei diritti dei lavoratori fatto di disoccupazione, voucher, lavoro interinale e contratti co.co.co.. In effetti, proprio la storia del primo maggio ci insegna che mai il movimento operaio è avanzato confidando sul buonsenso di politici e capitalisti. I diritti, da sempre, non sono il frutto di una concertazione ma una conquista derivante da una forte “spinta” dal basso.

Ritorniamo al presente. Il rapporto 2015 della BCE suggerisce che la “bassa crescita della produttività, l’elevata disoccupazione e, in alcuni paesi, cospicui squilibri quali livelli del debito elevati e posizioni nette sull’estero negative comportano rischi per la sostenibilità della ripresa economica e richiedono risposte di politica economica”, le famigerate riforme strutturali. Non preoccupatevi sono sempre le stesse, non ne hanno inventate di nuove nonostante gli storici insuccessi che hanno generato situazioni devastanti per tanti popoli in giro per il mondo. Bisogna ancora aprire, suggerisce la BCE, deregolamentare ulteriormente settori come le professioni regolamentate, il commercio al dettaglio e le industrie di rete. Finalmente, bravo Maruzzo Draghi!. Traduciamo. Dopo il grande successo, in termini economici e lavorativi, di quel processo liberalizzatore bersaniano che dalle farmacie ci ha portato alle parafarmacie dobbiamo raggiungere altri traguardi: i paravvocati, i paraginecologi e i parapscologi. Ancora, mentre in tutta Europa si ripubblicizzano i servizi essenziali, la BCE in direzione ostinata e contraria, ci chiede di aprire le “industrie di rete”; Elettricità, Gas, Acqua, Trasporti e Telecomunicazioni. Questo perché, è sempre la BCE che parla, “mercati aperti e competitivi sono indispensabili a promuovere un’allocazione efficiente delle risorse e stimolare l’attività di investimento”. Come spiegare a Maruzzo Draghi che l’affidamento alla Veolia della gestione dell’acqua calabrese non ha prodotto competizione, essendo quello dell’acqua un monopolio naturale, ha fatto aumentare le tariffe e non ha stimolato gli investimenti? Ma Maruzzo continua a suggerire, cchi bruttu viziu, prendendo a cuore disoccupati e inattivi. La ricetta? Salario di esistenza? Lavorare meno, lavorare tutti? Ingenui, in dialetto diremmo “sputa ca nduvini”, la flessibilità.

Purtroppo c’è la crisi, si dirà, o almeno questo è quello che dicono i media. Ma non sarà il solito refrain utile agli oligarchi per costringere le popolazioni ad ulteriori sacrifici?

Hann’ fatto ’a finanziaria c’avimma a sacrificà
loro s’hanno accapputtato e nuje mò l’amma aiutà
so’ quaranta finanziarie ca nuje ce sacrificammo
e te dico vai sicuro ca nun è fernuta ccà”
99 Posse

In effetti un articolo del Sole 24 Ore del 30 Dicembre 2015 così titolava: “Il 2015 anno record per Piazza Affari, crescita in doppia cifra per i listini” e continuava “Il 2015 è stato un anno record per la Borsa Italiana, sia in termini di performance che di nuove quotazioni […] La ritrovata dinamicità di Piazza Affari si misura anche dal numero di quotazioni con 32 nuove ammissioni che segnano un record dal 2007. Le nuove società sbarcate sul listino milanese hanno raccolto oltre 5,7 miliardi di euro trainate da Poste Italiane, che con i suoi 3 miliardi raccolti è la più grande quotazione da dieci anni a questa parte”.

Un altro puntello al nostro ragionamento ci viene fornito dalla classifica 2015 relativa agli stipendi dei Top Manager. “Stipendi milionari, buonuscite da record, lauti bonus: le entrate dei manager italiani a Piazza Affari non risentono certo della crisi. A guidare la classifica, per il secondo anno consecutivo, è Sergio Marchionne. L’amministratore delegato della Fca guadagna qualcosa come 150mila euro al giorno, per un totale record di 54,5 milioni di euro all’anno.[…] Dietro di lui c’è Adil Mehboob Khan che per un po’ di tempo ha guidato Luxottica, portandosi a casa circa 13,5 milioni: di questi solo 6,8 milioni integrano la sua buonuscita. A seguire il tandem di Italcementi, da quasi un anno passata nelle mani dei tedeschi di Heidelberg. Poco male per la famiglia storica dei Pesenti: l’operazione “ha portato in dote all’azienda qualche centinaio di esuberi ma ha regalato ai vertici una pioggia d’oro: 11,5 milioni per l’ad Giovanni Battista Ferrari, 10,4 (stipendio Italmobiliare compreso) per l’ex azionista di riferimento Carlo Pesenti”, scrive Repubblica.

La crisi c’è, ma solo per gli operai ed i dipendenti con stipendi medi di 23.753 annui (1.320 euro mensili). Non consideriamo proprio i disoccupati, i lavoratori precari, a nero o con buste paga pompate. Stando a queste cifre ci vogliono gli stipendi annuali di circa 2226 operai per farne uno di Marchionne. Questo divario cresce ulteriormente al Sud se si pensa che qui gli stipendi sono più leggeri anche del 20% rispetto al Nord del Paese.

Marù c’è crisi? Vallu cunta ad ancun’atru!!!

La classifica

SERGIO MARCHIONNE – Exor e controllate + Sgs + Phili Morris – 54.533.000 €
ADIL MEHBOOB KHAN – Luxottica – 13.514.000 €
GIOVANNI BATTISTA FERRARIO – Italcementi – 11.133.000 €
CARLO PESENTI – Italcementi – 10.412.000 €
PIETRO SALINI – Salini – 8.885.000 €
FRANCO MOSCETTI – Amplifon – 8.506.000 €
ROBERTO NICASTRO – Unicredit – 7.098.000 €
LUCA BETTONTE – Erg – 5.819.000 €
GIAMPIERO PESENTI – Italcementi – 5.387.000 €
ALBERTO BOMBASSEI – Brembo – 5.200.000 €
JOHN ELKAN – Exor e controllate – 4.145.000 €

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