Una bella giornata passata a rincorrere un pallone, scansando le buche e facendo “mangiare la polvere” all’avversario. Il senso di spensieratezza che solo il calcio di strada può dare. La cornice dello spazio liberato dagli appetiti dei palazzinari, l’area delle ex Officine delle FdC, in cui tanti bimbi, ragazzi ed adulti si sono incontrati per dimostrare che non importa dove sei nato, non importa il colore della tua pelle o la religione che professi, conta solo la voglia di vivere e di costruire un mondo più giusto, conviviale e solidale. Questo è uno scenario normale in questa parte della città in cui si è inserita la campagna sociale contro il razzismo del Cosenza Calcio. Una bella iniziativa capace di amplificare un concetto importante, portandolo sotto la luce dei riflettori dei media attraverso il palcoscenico dello stadio, per tentare di costruire una narrazione diversa rispetto a quella mainstream del migrante ladro, assassino e stupratore. Quello salviniano è un racconto utile solo a solleticare le paure di un popolo maltrattato e calpestato dal potere che incapace di drizzare la schiena non può che sfogare le sue frustrazioni verso i più deboli. Così l’uomo nero dello spauracchio infantile diventa il colpevole dei mali sociali come già lo furono le streghe e gli untori.

Dicevamo, questo è uno scenario normale nel contesto dei nostri spazi liberati che tentiamo, con difficoltà, di riempire di autentica socialità strappandoli dalla logica individualistica e mercificatoria del sistema capitalistico. Meno normale è trovare questi temi tra gli spalti che fanno da cornice ad un campo di calcio. Certo il tifo organizzato bruzio ci ha abituato nel tempo ad un modo originale di vivere lo stadio, trasformando i settori in zone temporaneamente liberate dove sperimentare modi dello stare insieme alternativi che hanno prodotto negli anni i “frutti” dell’Oasi Francescana, della solidarietà con le popolazioni di quello che veniva definito “terzo mondo”, fino al progetto odierno di un parco per le persone disabili sotto il nome di Piero Romeo. Purtroppo però il calcio moderno non è questo. Oltre la passione dei tifosi c’è poco altro da salvare. Diciotto mercenari (un pensà a male i sapimu fa i cunti, dai 22 escludiamo i tre o quattro calciatori che sudano veramente per passione e per la maglia) che svolgono il proprio lavoro più o meno onestamente salvo poter arrotondare lo stipendio truccando qualche partita a favore del business delle scommesse. Per non parlare del giro di affari che ruota intorno al rettangolo verde.

Secondo un articolo del Sole 24 Ore “Dal punto di vista economico-finanziario, il calcio professionistico in Italia ha raggiunto un valore della produzione aggregato pari a 2,7 miliardi di euro […] Tra attività professionistica, dilettantistica e relativo indotto, il movimento economico complessivo del calcio italiano ha prodotto nel 2013/14 un giro d’affari stimabile in circa 13 miliardi di euro, dato in crescita del 53% negli ultimi dieci anni, che pone il calcio tra le prime dieci industrie italiane”. (link) Ma quale passione, per fare girare la palla ci “vo’ ra pila” e dove c’è pila c’è mafia.

Il caso di scuola è quello dell’indagine del 2OO6 sulla scalata alla Lazio del clan dei Casalesi. Nel fascicolo emergono le strategie adottate dai referenti del clan per riciclare il denaro sporco attraverso la società del Presidente Claudio Lotito. Il denaro trasferito all’estero successivamente è fatto transitare da istituti bancari tedeschi, svizzeri ed ungheresi per confluire presso un istituto di credito della capitale e quindi essere utilizzato per acquistare una quota rilevante del pacchetto azionario della SS Lazio. Acquisita una società è facile riciclare il denaro attraverso vari canali così come evidenziato da un rapporto del 2OO9 del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale: il calciomercato, le scommesse e i diritti di immagine.

Proprio per questo, fatte salve le buone intenzioni e l’ottimo messagio della campagna del Cosenza Calcio, non possiamo non raccontare l’intera storia e sottolineare alcune incongruenze insite nel mondo del pallone. Passiamo così dal “fatto sociale” che ha il merito di evidenziare il valore dell’antirazzismo ai “fatti ambientali” che hanno il demerito di insozzare il nostro territorio. Il passaggio è automatico quando gli stessi militanti che corrono in difesa dei diritti dei migranti sono anche attivisti dei comitati ambientalisti nostrani. Per questo motivo, a rischio di diventare impopolari, mentre lodiamo l’iniziativa antirazzista non possiamo non segnalare la strana combinazione per cui le due squadre che militano nelle categorie maggiori, il Crotone in serie B ed il Cosenza in Lega Pro, siano gestite da due grossi magnati del settore dei servizi ambientali (leggasi munnizza). Un settore tra i più proficui ed anche tra i più controversi. Il primo club è legato all’impero dei Vrenna, la V&V Group, che, attraverso le aziende Salvaguardia Ambientale SpA (raccolta, trasporto e conferimento allo smaltimento dei rifiuti), Sovreco SpA (gestione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti, progetti di bonifica e produzione di energia da biogas), Mida Tecnologie Ambientali Srl (inertizzazione, depurazione e produzione di energia da termovalorizzazione), MIGA Srl (gestione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti, recupero e produzione di compost), svolge tutte le fasi del processo produttivo di raccolta-trasporto e smaltimento-recupero dei rifiuti oltre che di produzione di energia. La MIGA Srl è proprio quella società che gestisce la famigerata discarica di Celico che tante gioie fornisce al Comitato Ambientale Presilano vista la sua capacità, tra le altre, di “deodorare” l’ambiente dei comuni limitrofi.

Glissiamo per ora sull’inceneritore privato della MIDA dei Vrenna per passare a quello pubblico, sito a Gioia Tauro e gestito da Ecologia Oggi del patron del Cosenza Calcio Guarascio. Inutile ricordare l’assoluta incompatibilità tra raccolta differenziata spinta (caldeggiata dalla strategia Rifiuti Zero e dai principali documenti in materia dell’Unione Europea) e incenerimento. Inutile sottolineare i danni ambientali e alla salute generati dal processo di combustione dei rifiuti oltre ai residui tossici che rimangono a fine processo. Ecologia Oggi è anche l’azienda aggiudicatrice dell’appalto della raccolta dei rifiuti urbani nella Città di Cosenza. A tal riguardo permangono inalterati i nostri dubbi sulla gestione privata di un servizio pubblico essenziale come quello dei rifiuti che mal si concilia con il concetto capitalistico della massimizzazione dei profitti, concetto che spesso si realizza a scapito della tutela dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori e della salute pubblica. Chiedetelo ai tanti lavoratori dell’azienda che di tanto in tanto entrano in stato di agitazione a causa della “prassi consolidata” a erogare con ritardo sistematico gli stipendi oppure leggete le dichiarazioni del presidente del Consorzio Valle Crati Maximiliano Granata che denuncia in Commissione Controllo e Garanzia strane incongruenze tra le risorse date dal Comune per il pagamento dei dipendenti ed i costi reali sostenuti dall’azienda.

photo_2016-04-28_09-46-24   423823864_21471

Se siamo antirazzisti dobbiamo anche rispettare i diritti dell’ambiente e dei lavoratori. Altrimenti rimangono solo delle ottime trovate comunicative. Precisazione. Non siamo contro le singole aziende ma contro un sistema che le organizza così, contro i meccanismi perversi che ponendo al centro il profitto dimenticano i diritti. Lo stesso sistema che produce le navi affondate nei nostri mari con il loro carico di veleni, lo stesso meccanismo che porta a trasformare le ceneri tossiche in prodotti cementizi con cui si sono costruite scuole o parchi, lo stesso filo che unisce il fiumo Oliva alla Marlane, la Legnochimica alla Terra dei Fuochi.

Calcio-Ambiente-Business-Scommesse-Mercato-Profitto

Tifosi sì, fissa nò!!!

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento